Festival di Venezia. Mons. Moraglia consegna a Ken Loach il Premio Bresson
Consegnato questa mattina alla Mostra del Cinema di Venezia il Premio Bresson della
Fondazione Ente dello Spettacolo al regista inglese Ken Loach. A lui la gratitudine
del patriarca mons. Francesco Moraglia, per aver fatto entrare nel suo cinema i volti
e le vicende umane degli ultimi privilegiando l’uomo e la sua dignità. Il servizio
di Luca Pellegrini.
Un patriarca
che è sempre stato attento al mondo del lavoro, degli ultimi, dei senza tetto, e un
regista che a questa classe sociale, la classe operaia, ha da sempre rivolto il suo
sguardo sereno e serissimo. Il Premio Bresson ricorda quest’anno il mondo del lavoro
e dei poveri, degli ultimi e dei dimenticati. Alberto Barbera, direttore della Mostra,
rende omaggio al grande regista inglese per la coerenza, l’attenzione ai temi che
oggi, con la crisi, sono diventati di primo piano, la sua rara disponibilità ad ascoltare
tutti, senza che il confronto mai prevarichi, ma la verità emerga. “Il cinema è un
piccolo strumento nel grande mondo”, ha detto pacato l’artista, “e può dialogare con
la Chiesa per risolverne i grandi problemi”.
Il patriarca di Venezia, mons.
Francesco Moraglia, gli ha consegnato il Premio. Rappresenta, il vescovo, la Chiesa
di una città di cultura, di dialogo e di cinema:
R. – Se Venezia certamente
è la città del dialogo e della cultura, il cinema è certamente oggi un veicolo maggiore
per quello che riguarda il dialogo tra le culture e per la cultura del dialogo. Quindi,
penso che la mostra del cinema la si inserisca proprio in questo dna veneziano. Però,
mi consenta anche di dire che Venezia è anche fatta di Porto Marghera, di Mestre,
di tante sofferenze per situazioni lavorative in difficoltà. Quindi, certamente Venezia
è la Venezia del mare, la Venezia della cultura ma è anche la Venezia della terraferma.
Venezia ha veramente volti plurimi.
D. – Eccellenza, il cardinale Martini aveva
fondato la cattedra dei non credenti, il cardinale Ravasi apre il Cortile dei Gentili,
Venezia ha un’istituzione illustre come il Marcianum: e qui abbiamo oggi un Premio
Bresson che viene dato a un regista laico, non credente e che però indaga le profondità
dell’umano e la coscienza di una società. Questo è un programma che la Chiesa, dunque,
ha preso fortemente in considerazione…
R. – Io penso che l’antropologia e
la ragione dell’uomo siano momenti di comunione al di là di visioni ideali legittime
da parte di alcuni e non di altri. Quindi, io penso che veramente l’uomo sia il Cortile
dei Gentili, l’uomo sia veramente la cattedra dei non credenti, come l’uomo sia anche
la cattedra dei credenti e il Cortile dei Credenti. Se noi riusciamo, in qualche modo,
ad andare ad un’antropologia che non sfugga la realtà, ma ponga l’uomo di fronte a
quelle che sono le realtà propriamente umane, io penso che sia possibile porsi delle
domande. Mi sembra che il cardinale Martini dicesse, in un senso non sbagliato, come
ho sentito invece interpretare da altri, che lui confidava molto negli uomini che
pensavano, negli uomini che ragionavano. E credo che la figura del cardinale Martini
ci lasci proprio questa passione per l’uomo. Io spero che esca sempre di più la grandezza
di questo credente, che era il cardinale Martini.