Il Papa all'Angelus: Dio è amore ma molti cristiani lo amano come farisei. "Felice
di andare presto in Libano"
Mettere in pratica ogni giorno la legge del Vangelo libera il cristiano dal pericolo
della “falsa religiosità”. È il senso delle parole pronunciate domenica mattina da
Benedetto XVI prima della preghiera dell’Angelus, presieduta nel Palazzo Apostolico
di Castel Gandolfo. Al momento dei saluti in francese, il Papa ha espresso la propria
"gioia" di "visitare presto" il Libano. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Mettersi a
posto la coscienza concedendo a Dio qualche parola di superficiale devozione, per
riporre in realtà la propria fiducia in quegli interessi personali che sono le vere
“divinità” di tanti, anche cristiani. È questa una tentazione umana antica quanto
il rapporto tra Dio e l’uomo. Benedetto XVI la ha ribadito rileggendo all’Angelus
qualche passo della liturgia odierna, dedicata al tema della Legge di Dio. Essa, ha
detto, coincide con la Parola stessa di Dio, che libera l’uomo dai suoi egoismi e
lo introduce “nella ‘terra’ della vera libertà e della vita”:
“Per questo
nella Bibbia la Legge non è vista come un peso, una limitazione opprimente, ma come
il dono più prezioso del Signore, la testimonianza del suo amore paterno, della sua
volontà di stare vicino al suo popolo, di essere il suo Alleato e scrivere con esso
una storia d’amore”.
Nessun problema, se il cuore dell’uomo avesse questa
sintonia con Dio. Ma così spesso non è e il Papa prende ad esempio ciò che accade
al popolo ebraico dell’Antico Testamento quando esce dal lungo esilio nel deserto,
pur accompagnato dalla legge divina che Mosè con forza esorta a mettere in pratica:
“Ecco
il problema: quando il popolo si stabilisce nella terra, ed è depositario della Legge,
è tentato di riporre la sua sicurezza e la sua gioia in qualcosa che non è più la
Parola del Signore: nei beni, nel potere, in altre ‘divinità’ che in realtà sono vane,
sono idoli”.
Certo, ha osservato subito dopo il Papa, non è che Dio venga
cancellato. La sua Legge “rimane, ma non è più la cosa più importante, la regola di
vita”. È quanto Cristo stigmatizzerà nel Vangelo dei farisei, per i quali la Legge
divina è diventata altro:
“Diventa piuttosto un rivestimento, una copertura,
mentre la vita segue altre strade, altre regole, interessi spesso egoistici individuali
e di gruppo. E così la religione smarrisce il suo senso autentico che è vivere in
ascolto di Dio per fare la sua volontà - che è la verità del nostro essere (...) -
e si riduce a pratica di usanze secondarie, che soddisfano piuttosto il bisogno umano
di sentirsi a posto con Dio. È questo un grave rischio di ogni religione, che Gesù
ha riscontrato nel suo tempo, ma che si può verificare, purtroppo, anche nella cristianità”.
Dopo
la recita dell’Angelus, Benedetto XVI si è rivolto in cinque lingue alla folla radunata
nel cortile del Palazzo apostolico, e in francese ha indirizzato uno speciale saluto
ai libanesi presenti, assicurando loro "le sue preghiere" e la sua "gioia di visitare
presto il loro bel Paese". Tra i saluti particolari del Papa, anche quello alle coppie
di sposi che festeggiano i 25 anni di matrimonio.