2012-09-02 14:32:53

Carlo Maria Martini: il ricordo del biblista padre Doan e del filosofo Giulio Giorello


Per 40 anni ha seguito i suoi insegnamenti e il suo esempio. Il gesuita Joseph Doan Cong Nguyen è il direttore del Pontificio Istituto Biblico a Gerusalemme ed è stato allievo del cardinale Carlo Maria Martini a Roma. Ecco un suo ricordo del porporato scomparso, nell’intervista di Francesca Sabatinelli:RealAudioMP3

R. – Il cardinale Martini era un grande biblista, ma anche un grande maestro spirituale, che ci riporta al periodo dei Padri della Chiesa. Per lui la teologia, la vita spirituale sono tutte fondate sulla Parola di Dio: non c’è confine tra Bibbia e teologia, tra Bibbia e spiritualità, tutto va insieme. Penso che questo sia il contributo più importante del cardinale per tutta la Chiesa. Per me, posso dire da studente che non è stato soltanto il mio professore, ma anche il mio maestro spirituale, e mi ha ispiranto questa maniera di avvicinarsi, di nutrirsi della Parola di Dio. In tutte le circostanze nella mia vita, questa è stata veramente la cosa che mi ha aiutato. Da 40 anni, questo è fondamentale nella mia vita. Lui per me è un padre, un professore e un maestro spirituale.

D. – Tutti conoscono il grande amore e il forte legame che Carlo Maria Martini aveva con Gerusalemme, che lasciò nel 2008 anche a causa della sua malattia. Ci può raccontare questo profondo rapporto con la Città Santa?

R. – Per lui la Parola di Dio era tutto per la sua vita e la Parola di Dio parte da Gerusalemme, la Chiesa parte da Gerusalemme. Purtroppo, quando sono io sono arrivato qui, lui già era rientrato a Milano.

D. - A Gerusalemme, ci saranno molte persone che ricordano il cardinale…

R. – Tutti si ricordano di lui come un uomo di pace, un uomo spirituale, un uomo della Parola di Dio. Persino una settimana fa, ancora qualcuno mi ha chiesto di poter scrivere al cardinale. Nelle lettere di risposta tutti dicevano che ciò che toccava di più erano la sua semplicità e la sua umiltà. Penso che questo sia un punto molto comune tra i ricordi sul cardinale: uomo spirituale, uomo di riconciliazione, uomo di semplicità ed umiltà.

Il filosofo della scienza Giulio Giorello è stato per anni in amicizia con il cardinale Carlo Maria Martini. Ha preso parte all’iniziativa della Cattedra dei non credenti e ha scritto con il porporato un libro “Ricerca e carità”. Ama ricordarlo come ''amico di tutti i milanesi e di tutte le persone che amano ragionare”. Per Giorello, il cardinale Martini “ci lascia una grande lezione civile''. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:RealAudioMP3

R. – Credo che con Carlo Maria Martini ci abbia lasciato un grande amico, che io personalmente ho avuto modo di conoscere, di frequentare, trovando in lui due cose: un aiuto spirituale, anche nei momenti di turbamento, e poi una persona estremamente attenta alle cose che mi stavano a cuore, cioè in particolare la diffusione di una seria cultura scientifica nel nostro Paese. Non è un caso che tra le varie cattedre dei non credenti, organizzate da Carlo Maria Martini, molte siano state tenute nell’Aula magna dell’Università degli Studi milanese e due siano state dedicate a questioni scientifiche. Martini aveva avuto parole veramente belle rivolte proprio a chi faticosamente lavora nell’impresa scientifica, forse non possiamo dire cercando la verità, ma accontentandosi di capire sempre un po’ meglio il mondo che ci circonda e noi stessi.

D. – Lei, negli anni, del cardinale Martini ha dato molte definizioni: uomo di ampio respiro intellettuale, un uomo libero dai fondamentalismi. Quale di questi tratti, a suo giudizio, ha aiutato, agevolato, incrementato l’evoluzione del dialogo tra laici e credenti?

R. – Io direi, innanzitutto, la disponibilità umana del cardinale Martini a parlare con tutti, perfino – e lo dico scherzando – con “gli atei più feroci”. Una persona, cioè, sempre attenta all’altro: l’altro visto come persona libera e responsabile e dunque anche capace di ragionare. Martini diceva sempre che il vero dialogo non è tra credenti e non credenti, ma tra credenti che ragionano e non credenti che, a loro volta, ragionano. Ora, ragionare vuol dire scegliere, vuol dire anche scegliere di sentire le ragioni degli altri.

D. – Quando il cardinale lasciò Milano, lei pubblicamente chiese che non lo facesse. Quale fu il rapporto tra questa città e Martini?

R. – Fu un rapporto molto intenso, in un periodo particolarmente delicato per la nostra città. Erano tempi anche di contrasti politici molto forti. Sono stati, talvolta, anche gli anni del terrorismo. C’erano molte persone che temevano che l’Italia potesse sprofondare nella guerra civile: non è successo. Forse questi timori, con il senno di poi, ci sembrano infondati. Ma perché ci sembrano infondati? Proprio perché furono presenti una serie di figure nelle quali potevano riconoscersi anche coloro che non ne condividevano il quadro concettuale, ma ne condividevano la profonda umanità. Martini è stato senza dubbio uno di questi: una risorsa e una speranza non solo per i credenti milanesi, ma per tutti.

D. – Lei e il cardinale Martini avete scritto un libro, a quattro mani, a due voci: “Ricerca e carità”. Cosa ricorda di questa vostra collaborazione?

R. – Ricordo soprattutto il fatto che tutti e due convergessimo, nonostante le ovvie e giuste differenze che c’erano da tener presenti, su un punto: che la carità poi diventa concretamente solidarietà e l’impresa scientifica è una grande dimostrazione di solidarietà essa stessa, perché quando uno sviluppa un grande programma di ricerca in fisica, in biologia, in medicina, non conta tanto il singolo individuo, ma il singolo individuo è esaltato perché entra in relazione con l’altro. Martini coglieva fortemente questo senso di solidarietà interno all’impresa scientifica. A me ha insegnato anche a ritrovare il senso della solidarietà, della compassione, della carità nei rapporti umani che, naturalmente, vanno al di là della stessa scienza e della tecnica.

D. – Qual è l’eredità del cardinale, che assolutamente non bisogna perdere?

R. – Direi, soprattutto questa concretezza. La tensione verso la spiritualità più alta – Martini era anche un grande biblista – però, non veniva mai distaccata da una concretezza immediata per i bisogni delle persone, innanzitutto in questa vita.







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