Carlo Maria Martini: il ricordo del biblista padre Doan e del filosofo Giulio Giorello
Per 40 anni ha seguito i suoi insegnamenti e il suo esempio. Il gesuita JosephDoanCongNguyen è il direttore del Pontificio Istituto Biblico
a Gerusalemme ed è stato allievo del cardinale Carlo Maria Martini a Roma. Ecco un
suo ricordo del porporato scomparso, nell’intervista di FrancescaSabatinelli:
R. – Il cardinale
Martini era un grande biblista, ma anche un grande maestro spirituale, che ci riporta
al periodo dei Padri della Chiesa. Per lui la teologia, la vita spirituale sono tutte
fondate sulla Parola di Dio: non c’è confine tra Bibbia e teologia, tra Bibbia e spiritualità,
tutto va insieme. Penso che questo sia il contributo più importante del cardinale
per tutta la Chiesa. Per me, posso dire da studente che non è stato soltanto il mio
professore, ma anche il mio maestro spirituale, e mi ha ispiranto questa maniera di
avvicinarsi, di nutrirsi della Parola di Dio. In tutte le circostanze nella mia vita,
questa è stata veramente la cosa che mi ha aiutato. Da 40 anni, questo è fondamentale
nella mia vita. Lui per me è un padre, un professore e un maestro spirituale.
D.
– Tutti conoscono il grande amore e il forte legame che Carlo Maria Martini aveva
con Gerusalemme, che lasciò nel 2008 anche a causa della sua malattia. Ci può raccontare
questo profondo rapporto con la Città Santa?
R. – Per lui la Parola di Dio
era tutto per la sua vita e la Parola di Dio parte da Gerusalemme, la Chiesa parte
da Gerusalemme. Purtroppo, quando sono io sono arrivato qui, lui già era rientrato
a Milano.
D. - A Gerusalemme, ci saranno molte persone che ricordano il cardinale…
R.
– Tutti si ricordano di lui come un uomo di pace, un uomo spirituale, un uomo della
Parola di Dio. Persino una settimana fa, ancora qualcuno mi ha chiesto di poter scrivere
al cardinale. Nelle lettere di risposta tutti dicevano che ciò che toccava di più
erano la sua semplicità e la sua umiltà. Penso che questo sia un punto molto comune
tra i ricordi sul cardinale: uomo spirituale, uomo di riconciliazione, uomo di semplicità
ed umiltà.
Il filosofo della scienza GiulioGiorello è stato
per anni in amicizia con il cardinale Carlo Maria Martini. Ha preso parte all’iniziativa
della Cattedra dei non credenti e ha scritto con il porporato un libro “Ricerca e
carità”. Ama ricordarlo come ''amico di tutti i milanesi e di tutte le persone che
amano ragionare”. Per Giorello, il cardinale Martini “ci lascia una grande lezione
civile''. FrancescaSabatinelli lo ha intervistato:
R. – Credo che
con Carlo Maria Martini ci abbia lasciato un grande amico, che io personalmente ho
avuto modo di conoscere, di frequentare, trovando in lui due cose: un aiuto spirituale,
anche nei momenti di turbamento, e poi una persona estremamente attenta alle cose
che mi stavano a cuore, cioè in particolare la diffusione di una seria cultura scientifica
nel nostro Paese. Non è un caso che tra le varie cattedre dei non credenti, organizzate
da Carlo Maria Martini, molte siano state tenute nell’Aula magna dell’Università degli
Studi milanese e due siano state dedicate a questioni scientifiche. Martini aveva
avuto parole veramente belle rivolte proprio a chi faticosamente lavora nell’impresa
scientifica, forse non possiamo dire cercando la verità, ma accontentandosi di capire
sempre un po’ meglio il mondo che ci circonda e noi stessi.
D. – Lei, negli
anni, del cardinale Martini ha dato molte definizioni: uomo di ampio respiro intellettuale,
un uomo libero dai fondamentalismi. Quale di questi tratti, a suo giudizio, ha aiutato,
agevolato, incrementato l’evoluzione del dialogo tra laici e credenti?
R. –
Io direi, innanzitutto, la disponibilità umana del cardinale Martini a parlare con
tutti, perfino – e lo dico scherzando – con “gli atei più feroci”. Una persona, cioè,
sempre attenta all’altro: l’altro visto come persona libera e responsabile e dunque
anche capace di ragionare. Martini diceva sempre che il vero dialogo non è tra credenti
e non credenti, ma tra credenti che ragionano e non credenti che, a loro volta, ragionano.
Ora, ragionare vuol dire scegliere, vuol dire anche scegliere di sentire le ragioni
degli altri.
D. – Quando il cardinale lasciò Milano, lei pubblicamente chiese
che non lo facesse. Quale fu il rapporto tra questa città e Martini?
R. – Fu
un rapporto molto intenso, in un periodo particolarmente delicato per la nostra città.
Erano tempi anche di contrasti politici molto forti. Sono stati, talvolta, anche gli
anni del terrorismo. C’erano molte persone che temevano che l’Italia potesse sprofondare
nella guerra civile: non è successo. Forse questi timori, con il senno di poi, ci
sembrano infondati. Ma perché ci sembrano infondati? Proprio perché furono presenti
una serie di figure nelle quali potevano riconoscersi anche coloro che non ne condividevano
il quadro concettuale, ma ne condividevano la profonda umanità. Martini è stato senza
dubbio uno di questi: una risorsa e una speranza non solo per i credenti milanesi,
ma per tutti.
D. – Lei e il cardinale Martini avete scritto un libro, a quattro
mani, a due voci: “Ricerca e carità”. Cosa ricorda di questa vostra collaborazione?
R.
– Ricordo soprattutto il fatto che tutti e due convergessimo, nonostante le ovvie
e giuste differenze che c’erano da tener presenti, su un punto: che la carità poi
diventa concretamente solidarietà e l’impresa scientifica è una grande dimostrazione
di solidarietà essa stessa, perché quando uno sviluppa un grande programma di ricerca
in fisica, in biologia, in medicina, non conta tanto il singolo individuo, ma il singolo
individuo è esaltato perché entra in relazione con l’altro. Martini coglieva fortemente
questo senso di solidarietà interno all’impresa scientifica. A me ha insegnato anche
a ritrovare il senso della solidarietà, della compassione, della carità nei rapporti
umani che, naturalmente, vanno al di là della stessa scienza e della tecnica.
D.
– Qual è l’eredità del cardinale, che assolutamente non bisogna perdere?
R.
– Direi, soprattutto questa concretezza. La tensione verso la spiritualità più alta
– Martini era anche un grande biblista – però, non veniva mai distaccata da una concretezza
immediata per i bisogni delle persone, innanzitutto in questa vita.