2012-08-31 09:18:37

Sud Corea: plauso dei vescovi alla sentenza della Corte costituzionale sull'aborto


«Il diritto alla vita è il più fondamentale dei diritti umani» e il diritto della donna di disporre del proprio corpo «potrebbe non essere tale» essendo maggiore il diritto alla vita di una persona nascente. La Corte costituzionale della Corea del Sud - riporta L'Osservatore Romano - ha adottato una decisione senza precedenti in un Paese dove l’aborto è legale dal 1973 ed è attualmente consentito entro la 28ª settimana in casi di incesto, violenza, di alcune malformazioni o malattie congenite del feto o in caso di pericolo per la vita della madre. Secondo i dati diffusi dalla Chiesa in Corea, sono almeno 1,5 milioni gli aborti praticati ogni anno nella Corea del Sud. Nella sentenza, i giudici della Corte costituzionale aggiungono anche un aspetto che apre nuove prospettive nella dimensione della giustizia penale. Una donna — sostengono — che intende interrompere la gravidanza al di fuori dei casi previsti dalla legge, commette un reato, in quanto viola il diritto alla vita del nascituro. Ma i giudici vanno oltre, soffermandosi su alcune motivazioni di ordine psicologico e sociologico. Se ragioni di natura economica o sociale — evidenziano — fossero utilizzate per giustificare l’interruzione volontaria della gravidanza si «avrebbe come conseguenza di rendere l’aborto ancor più comune, accessibile, e si rafforzerebbe così la tendenza a rimuovere la vita nel seno della società». I presuli cattolici hanno accolto con soddisfazione la sentenza della Corte che rende giustizia dal punto di vista etico-razionale e culturale ad una realtà, inviolabile, come quella della vita nascente. Dal canto loro, le organizzazioni femministe hanno ribadito che la decisione della Corte costituzionale «viola il diritto delle donne all’autodeterminazione e la loro felicità». La Chiesa cattolica in Corea del Sud è impegnata da lungo tempo nella lotta in difesa della vita. Anche se bene accolta dai vescovi la decisione dei giudici costituzionali non manca di destare qualche perplessità. Secondo padre Casimiro Song Yul, segretario delle attività pro-vita della Conferenza episcopale coreana, infatti, la definizione, scientificamente riduttiva, data dalla Corte costituzionale sull’inizio della vita (cioè quando l’ovulo fecondato si impianta nell’utero della donna) non lascia certo immuni da perplessità e inquietudine. Infatti, se la vita comincia con l’impianto dell’uovo fecondato, le manipolazioni sull’embrione umano, come per esempio la fecondazione in vitro, sono «giustificabili». Per la Chiesa cattolica, ha ricordato, la vita comincia dal concepimento. (L.Z.)







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