2012-08-31 08:29:55

Siria: strage di bambini ad Aleppo, emergenza profughi


In Siria cresce il numero delle vittime. Secondo l’ultimo bilancio dei ribelli solo ieri i morti sono stati 147. Ad Ariha nella provincia di Idlib, sono stati trovati 42 cadaveri ammanettati. Nel sud di Aleppo 8 bambini e 9 donne sono stati uccisi in un raid delle forze governative. Intanto cresce l’emergenza profughi, l’Onu chiede zone cuscinetto ma su questo la comunità internazionale si divide. Marina Calculli: RealAudioMP3


La crisi siriana ancora al centro del vertice dei Paesi non Allineati, in corso a Theheran. L’Iran ha annunciato la formazione di una troika da inviare sul terreno. Duro il discorso ieri del presidente egiziano Morsi che ha aspramente criticato il regime, provocando l’abbandono del summit da parte della delegazione siriana. Intanto l’Aiea, l’agenzia Onu per l’energia atomica lancia un nuovo allarme: “il governo di Teheran sta accelerando le sue capacità di arricchimento dell’uranio e ostacola il lavoro degli osservatori”.

Su questo punto al vertice, anche l’intervento del Segretario generale dell’Onu Ban Ki moon, che chiede a Teheran di creare fiducia della comunità internazionale. Una posizione inequivocabile quella delle Nazioni Unite, come conferma al microfono di Cecilia Seppia Gabriele Iacovino del Centro Studi Internazionali: RealAudioMP3

R. - È sempre una posizione di dialogo, di ricerca di un dialogo con Teheran ed evitare un muro contro muro. Certo è che si tratta di una posizione ferma, a cui l’Iran sarà costretto, prima o poi, a dare una risposta. Quello che Ban Ki Moon continua a chiedere è, da parte dell’Iran, di fare dei passi avanti nel dialogo con la comunità internazionale, e di dimostrare che il proprio programma nucleare, non ha dei fini nascosti o militari.

D. - Dall’altra parte, anche la rabbia del premier israeliano Netanyahu, che ha definito “una vergogna per l’umanità”, la partecipazione di 120 Paesi al summit.

R. - Il movimento dei Paesi non Allineati trova radici profonde nella Guerra Fredda, ma è ancora una realtà, soprattutto nei contesti internazionali, per esempio anche in un’organizzazione come le Nazioni Unite. È sicuramente un forum diplomatico importante, anche perché quando un così vasto numero di Paesi si possono incontrare, il dialogo è sempre propizio. Da parte israeliana, vi è la ferma posizione di opporsi a qualsiasi punto di riferimento con Paesi come l’Iran, con cui il governo di Tel Aviv è ai ferri corti.

D. - Tanti temi sul tavolo di questo vertice. Oggi è stata resa nota anche l’attesa proposta di Teheran per risolvere la crisi siriana, ovvero la formazione di una troika composta da Egitto, Iran e Venezuela. Parliamo di un organismo che avrà un certo rilievo, un qualche ruolo specifico?

R. - Bisogna essere realisti. La crisi siriana, è una crisi che deve essere risolta solo con l’inclusione nel dialogo di tutti gli attori, sia regionali che internazionali, che hanno una presenza in questa crisi. Penso che il ruolo diplomatico, in un contesto mediorientale come quello siriano, del Venezuela può essere secondario, anche perché fino a quando non si troverà un dialogo tra i maggiori attori come l’Iran, l’Arabia Saudita, la Turchia e l’Egitto, non ci potrà essere una soluzione diplomatica di compromesso per mettere pressione ad Assad, visto che in questo momento soprattutto l’Iran ma anche l’Egitto, cercano di evitare un dialogo con l’Arabia Saudita.

D. - Il discorso di Morsi è stato durissimo contro il regime siriano, contro il bagno di sangue che si sta consumando in Siria. La delegazione di Damasco ha lasciato il summit. Parte già male questa troika, nel senso che l’Egitto è così fortemente contrario al regime, però ha deciso poi di entrare a far parte dell’organismo.

R. - È comunque un impostare un dialogo diplomatico già zoppicante, perché se si chiude la possibilità di parlare con la leadership siriana, e di intavolare un discorso con la stessa fin dal primo momento, la soluzione diplomatica viene meno. L’Egitto è molto attivo, anche per cercare di riprendere un ruolo politico e diplomatico nell’area. Il discorso di Morsi è dettato anche da motivi politici interni, perché comunque la presidenza Morsi viene all’indomani di una primavera araba che ha fatto cadere il regime di Mubarak, quindi porsi fortemente in opposizione all’ultimo regime che sta resistendo a quella che è partita come una primavera araba, come una rivolta popolare, ma che adesso è una vera e propria guerra civile, è anche un messaggio forte per rafforzare la propria posizione dal punto di vista politico interno.







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