India. “La legge anti-conversione viola la Costituzione”: sentenza storica per i cristiani
La legge anticonversione approvata nello Stato del Hhimachal Pradesh (nel Nord dell’India)
è, in alcune parti, “anticostituzionale”. Infatti “una persona non solo ha il diritto
alla libertà di coscienza, il diritto a professare una fede, il diritto di modificare
la sua fede, ma ha anche il diritto di tenere le sue convinzioni segrete”. E’ una
sentenza storica quella dell’Alta Corte dell’Himachal Pradesh, emessa dai giudici
Deepak Gupta e Rajiv Sharma. Il ricorso era stato presentato nel 2011 da un gruppo
di organizzazioni cristiane che avevano impugnato la “Legge sulla Religione”, emanata
nel 2006 ed entrata in vigore nel 2007. La Corte ha dichiarato che “la Sezione 4 del
provvedimento e gli artt. 3 e 5 del documento applicativo violano disposizioni costituzionali”.
Tali norme dichiaravano illegittima la libera conversione da una religione all’altra,
consentendola solo dopo una lunga procedura, indagini e autorizzazioni di un magistrato,
e comminando, in caso contrario, multe e sanzioni. In un comunicato inviato all'agenzia
Fides, il “Consiglio Globale dei Cristiani Indiani” (Gcic), accogliendo con favore
la sentenza, ringrazia gli avvocati di diverse religioni che si sono impegnati nel
ricorso, sostenendo che la legge viola alcuni diritti fondamentali dei credenti. Il
Consiglio, ricordando che “tutte le conversioni, avvenute per libero arbitrio, sono
legali, sollecita i governi centrali e statali alla protezione di tutti i credenti
che esercitino tale diritto”. Padre Dominc D’Abrio, portavoce della Conferenza episcopale
dell’India, nota a Fides: “E’ un passo molto positivo, i cristiani ne avranno grande
beneficio. La sentenza potrebbe costituire un precedente e avere un effetto domino,
incoraggiando ricorsi contro altre leggi anticonversione, dello stesso genere, in
vigore in altri stati della Federazione indiana”. Il primo Stato ad approvare una
legge che vieta le conversioni è stato l’Orissa nel 1967, seguito dal Madhya Pradesh
nel 1968 e dall’Arunachal Pradesh nel 1978. Il governo del partito nazionalista indù
“Bharatiya Janata Party” (Bjp) l’ha introdotta in Gujarat nel 2003 e in Chhattisgarh
nel 2006, l'anno dopo è entrata in vigore anche in Himachal Pradesh. Secondo i cristiani,
tali leggi, limitando il diritto fondamentali alla libertà religiosa, sono strumenti
nelle mani di gruppi estremisti indù, che accusano i cristiani di “proselitismo e
conversioni forzate”. Sono utilizzate per colpire le minoranze religiose, avvelenando
il tessuto sociale e seminando odio all'interno della società indiana. (R.P.)