2012-08-29 15:42:10

Paralimpiadi, stasera la cerimonia di apertura. Intervista con il portabandiera italiano, Oscar De Pellegrin


Londra è pronta per riaprire le sue porte ai Giochi fino al 9 settembre. A due settimane dalle Olimpiadi, stasera prende il via la 14.ma edizione delle Paralimpiadi alla presenza della Regina Elisabetta II. Edizione da record con 166 Paesi presenti, tremila volontari, seimila giornalisti accreditati, più di due milioni di biglietti venduti e oltre 4mila atleti in gara. Ce ne parla Benedetta Capelli:RealAudioMP3

Sono tanti i momenti di gloria che gli atleti delle Paralimpiadi si apprestano a vivere. I numeri dicono molto di questa edizione alla quale prenderanno parte 19 nazioni in più rispetto a Pechino 2008, tra di loro 15 sono al debutto assoluto: San Marino, Camerun e Corea del Nord. Edizione anche più rosa con 1513 donne, veterana è la tiratrice australiana Libby Kosmala che ha 70 anni. Ieri è iniziato il viaggio della fiaccola da Stoke Mandeville, patria spirituale delle Paralimpiadi, qui infatti nell’ospedale della zona ben 64 anni fa il dottor Guttmann, ebreo tedesco sfuggito al nazismo, ebbe una grande intuizione, regalando ai suoi pazienti una speranza: essere degli atleti professionisti. Oggi, quel sogno vive nei cuori di 4280 sportivi, tra di loro anche la pallavolista Martine Wright, che perse entrambe le gambe negli attentati di Londra del 2005, emblema del riscatto di una nazione. E’ grande l’entusiasmo intorno ai Giochi, “segno di una cultura che ha abbandonato il pietismo”: dice il presidente del Comitato Paralimpico Italiano, Luca Pancalli. Un centinaio gli atleti azzurri, il portabandiera sarà il tiratore con l’arco, Oscar de Pellegrin. Un incidente sul lavoro a 20 anni e la sua vita cambia di colpo: non peggiora ma – sottolinea lui stesso – migliora: Dopo un incontro del genere, con il destino, come lo chiamo io, ti rafforzi molto e riesci a trasmettere molto di più agli altri.

A portare la bandiera italiana stasera sulla pista dell’Olimpic Stadium sarà dunque Oscar De Pellegrin, bellunese, campione di tiro con l’arco. E’ alla sua sesta Paralimpiade, nel suo palmares un oro e 4 bronzi. Sposato da 25 anni con Edda, nello sport ha trovato il suo riscatto dopo un grave incidente sul lavoro che lo ha costretto su una sedia a rotelle. Benedetta Capelli lo ha intervistato:RealAudioMP3

R. - Questa è la mia ultima Paralimpiade ed il mio ultimo impegno da atleta. Essere qui a Londra è una bella scommessa.

D. - A Londra sarai il porta bandiera dell’Italia...

R. - Questa è una cosa fantastica e io non smetterò mai di ringraziare il mio presidente e amico, Luca Pancalli, e tutta la Giunta. Lo vedo come il coronamento di una vita dedicata allo sport, un momento di orgoglio e di onore. Credo che il ruolo implichi pure l’impegno a trasmettere dei valori e a promuovere lo sport tra le persone disabili. Questo credo sia fondamentalmente il ruolo del portabandiera.

D. - E tra l’altro, possiamo dire, che il tuo cerchio magico si chiude da dove avevi iniziato, proprio da Londra...

R. - Anche questo è bellissimo, perché tutto coincide: la mia carriera internazionale è iniziata da Londra nel 1990 e la finirò a Londra nel 2012, 22 anni dopo. È una cosa fantastica. L’unica cosa che posso dire agli sportivi, non solo disabili, ma in generale, è che questa mia longevità è data dal fatto che mi diverto tantissimo. Credo che questo sia ciò che dobbiamo tramandare ai nostri giovani: praticare, però divertendosi.

D. - Visto che siamo alla vigilia della chiusura di un’esperienza, che bilancio si può fare della tua carriera e anche della tua vita di atleta?

R. - Posso solo dire di essere stato un ragazzo fortunato, perché dopo l’incidente non è stato facile decidere di continuare a vivere, trovare nuovi stimoli e un nuovo modo di esprimermi. Devo ringraziare lo sport. È stato un modo di scoprire le mie abilità, un modo per riappropriarmi della vita e avere un confronto con l’avversario. Non ti nascondo che è veramente come rinascere. Non hai più nessuna sicurezza, non sai più cosa puoi fare nella vita e - come ho detto prima - è proprio come nascere nuovamente. Lo sport ti dà questi stimoli che ti servono per oltrepassare questa barriera e non abbatterti.

D. - Dell’altra vita ti porti anche un grande amore che è stato accanto a te per tanto tempo, e continua ed esserci…

R. - Sicuramente. È l’anello di congiunzione tra le due vite, ed in positivo, perché poter condividere questi momenti di sconforto, quando non vedi più niente, con una persona che ti sta vicino, che ti stimola e che cerca in tutti i modi insieme a te di trovare una nuova via per ritornare a vivere è una cosa fondamentale. Credo veramente che questo sia amore vero.

D. - Che cosa siete oggi alla luce dell’esperienza che avete vissuto?

R. - Oggi siamo più di allora. Aver superato questo enorme ostacolo insieme, avendo ben davanti i valori che ci univano, aver avuto la consapevolezza poi di formare una nuova vita insieme, avendo il desiderio e la forza di adottare un bambino, che poi abbiamo scoperto avere dei problemi, tutto questo, senza un’unione del genere, un’intesa tale, e senza una condivisione profonda come è nel nostro rapporto, forse non si riuscirebbe a mantenere sempre questo sorriso, questa voglia di vivere e di andare avanti.

D. - In qualche modo la fede è stata un aiuto per voi, oppure non è entrata nella vostra storia?

R. - Io sono sempre stato un credente, però finché la vita va bene non hai problemi, ha venti anni, hai tutta la vita davanti a te, non ci pensi, o comunque rimane un pensiero marginale. Nel mio incidente e nei mesi successivi ho rafforzato questa mia parte religiosa, con una forza che mi ha dato sicuramente anche un forte sostegno e lo sto ancora portando avanti oggi. Quindi, nel male, è stata una bella scoperta.

D. - Quanto è importante quell’uscire di casa che a te è stato utile, grazie ad un’amicizia, per vincere poi i pregiudizi di tante persone?

R. - Sicuramente, quello è il primo passo fondamentale: accettare la propria condizione dopo un incidente. Noi rimaniamo le persone di prima, magari l’aspetto esteriore è diverso - ci muoviamo su quattro ruote non su due gambe - però le qualità che avevi prima le hai anche adesso e soprattutto riesci ad esprimerle meglio, perché dopo un incontro del genere con il destino, come lo chiamo io, ti rafforzi molto e riesci a trasmettere molto di più agli altri.







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