Maltrattati, rinchiusi in luoghi malsani e ora anche a rischio espulsione: queste
le condizioni di vita di centinaia di migranti dell’Africa sub-sahariana trattenuti
in centri allestiti in alcune zone della Libia. Lo riferisce l’agenzia Habeshia per
la cooperazione allo sviluppo diretta da padre Mussie Zerai, secondo cui i migranti
potrebbero adesso essere deportati verso i Paesi da cui per motivi diversi erano fuggiti.
“In queste ore i militari libici stanno costringendo queste persone a farsi registrare
dalle rispettive ambasciate con lo scopo di espellerli. Questo atto grave, accompagnato
da violenze fisiche, è contro il diritto umanitario internazionale” scrive padre Zerai.
Secondo le informazioni di Habeshia oltre mille persone, per lo più originarie di
Eritrea, Etiopia e Somalia, sono attualmente detenute nei tre centri di Hums, Tuewshia
e Bengasi. Numerosi sono i casi di abusi, anche ai danni di donne e minori, di migranti
costretti a lavori forzati, di torture. Secondo le informazioni raccolte da padre
Zerai, nei giorni scorsi almeno tre migranti sono stati inoltre uccisi e chiunque
abbia tentato la fuga, quando ripreso, è stato selvaggiamente picchiato. Fonti locali
della Misna riferiscono inoltre che la scorsa settimana il tentativo di alcuni migranti
di salire a bordo di un barcone per raggiungere l’Europa è stato bloccato con l’uso
di armi da fuoco: incerto in questo caso il bilancio. “Da una Libia democratica ci
aspettavamo maggiore rispetto dei diritti umani – conclude padre Zerai – e una seria
lotta contro il razzismo di cui sono vittima gli africani; una lotta serrata contro
ogni forma di discriminazione su base religiosa ed etnica”. (R.P.)