Nigeria, il governo conferma colloqui indiretti con la setta di Boko Haram
Il governo nigeriano ha annunciato domenica di aver iniziato colloqui indiretti con
la setta fondamentalista Boko Haram. L’esistenza stessa di un dialogo era stata smentita
pochi giorni fa. In ogni caso, ha specificato il portavoce governativo, le autorità
hanno l’unico scopo di comprendere quali siano “le rivendicazioni” del gruppo terrorista.
Un elemento sottolineato, nell’intervista di Davide Maggiore, da Marco Massoni,
direttore di ricerca per l’Africa per conto del Centro Alti Studi per la Difesa:
R. – Il fatto
stesso che il governo decida di dire ufficialmente alla stampa, ai media, che non
conoscono quali siano le vere rivendicazioni di un gruppo che sta tenendo sotto scacco
l’intero Paese, significa che effettivamente il livello, la qualità dei colloqui è
ancora molto bassa, è ancora molto prudenziale, perché anche lo stesso dipanarsi dei
colloqui potrebbe essere messo in discussione per l’incapacità di individuare gli
interlocutori adeguati.
D. – Che possibilità di successo possono avere colloqui
che partono su questa base?
R. – Tendo a essere pessimista, perché credo che
l’amministrazione nigeriana in questo momento abbia estreme difficoltà dal momento
che non è completamente riconosciuta all’interno delle dinamiche politiche del Paese.
Probabilmente sarà necessario, nella peggiore delle ipotesi, attendere le nuove elezioni
che determineranno un nuovo governo, con pesi e contrappesi fra le varie componenti
della complessissima società nigeriana.
D. – C’è una base su cui è possibile
la trattativa?
R. - Il problema è il livello di credibilità degli interelocutori.
A questo punto, sembra che abbia maggior peso e maggior margine di manovra di Boko
Haram rispetto allo stesso governo, costretto in questi mesi a più riprese a “tagliare
molte teste”, a cambiare molte poltrone per cercare di prendere in mano la situazione.
Contribuisce anche la grande frammentazione dovuta all’assetto istituzionale della
Nigeria, che essendo uno Stato federale particolarmente complesso e vasto è andato
sviluppando una serie di politiche in qualche misura un po’ contraddittorie, con un
sud maggiormente evoluto e un nord più lasciato al proprio destino. Tuttavia, una
maggiore credibilità è più per la parte governativa che non per la parte di Boko Haram,
il quale ha una politica attendista, continuando nel frattempo le proprie stragi,
per cercare di essere lui a decidere i termini della discussione.
D. – Si può
dire, anche se questi colloqui sono a uno stadio embrionale e appena di annuncio,
che c’è già qualcuno che esce indebolito da queste dichiarazioni?
R. – E’ prematuro
dirlo, anche se ai danni del governo nigeriano - nonostante tutta la propria volontà
di gestire seriamente il caso - 'Boko Haram' non agisce da solo perché è finanziato
- e lo si sa già da diversi anni - anche da attori esterni al continente africano.
La questione più generale di pace e sicurezza in tutta l’Africa occidentale - colpi
di Stato in Guinea Bissau, dichiarazioni di indipendenza dei secessionisti nell’Azawad,
nel Mali settentrionale - fa sì che la stessa Boko Haram addirittura abbia contribuito
al rapimento di diplomatici algerini a Gao in Mali, alcuni mesi fa. Di conseguenza,
il punto di innesto fra tutti questi movimenti che si richiamano a una visione islamista
- ma è un pretesto per portare avanti le "proprie" politiche - sta diventando un problema
che ha raggiunto il punto di non ritorno in tutta l’Africa occidentale, e quindi non
è più un problema esclusivamente nazionale, in questo caso della sola Nigeria.