Sudafrica, il cardinale Napier sul massacro dei minatori: uno shock, la vita non ha
più valore
Il Sudafrica ha ricordato ieri i 34 lavoratori morti negli scontri con la polizia
il 16 agosto, alla miniera di platino di Marikana, nel nord del Paese. Il capo dello
Stato, Jacob Zuma, ha inoltre nominato una commissione d’inchiesta per investigare
sui fatti, oltre che sui contrasti tra sindacati rivali che avevano già provocato
altri 10 morti. L’indagine durerà cinque mesi. E mentre le proteste per un aumento
del salario minimo si estendono ad altre miniere, a Marikana la produzione è parzialmente
ripresa. Ieri, però, il sito era chiuso, per permettere la partecipazione alle cerimonie.
Parlando alla Radio Vaticana, il cardinale Wilfrid Fox Napier, arcivescovo
di Durban, ha descritto lo stato d’animo dei sudafricani. L'intervista è di Davide
Maggiore:
R. – I think
there are two words to describe the feeling of most South Africans… Credo che due
siano le parole che meglio descrivono i sentimenti della maggior parte dei sudafricani.
Il primo è un sentimento di tristezza e di disappunto per quello che è accaduto. Il
secondo, penso che sia la sensazione di avere subito uno shock: uno shock perché mai
avremmo pensato che potesse accadere una cosa del genere, che le nostre forze dell’ordine
potessero essere coinvolte in una sparatoria su tanta gente. L’ultima volta che la
polizia è stata coinvolta in un simile massacro è stato nel 1960 a Sharpville, quando
furono uccise 69 persone. Per quanto riguarda il massacro di Marikana, credo sia troppo
presto per dire qualcosa, prima che l’inchiesta abbia dato i suoi risultati, sul perché
l’azione della polizia abbia preso proprio quella particolare piega, quanti minatori
siano stati colpiti alle spalle, quanti erano molto vicini alla polizia… Penso che
tutti questi dettagli verranno fuori più in là. La tristezza deriva dal fatto che
questo si è verificato in un’epoca in cui noi credevamo che azioni simili da parte
della polizia non sarebbero mai più accadute.
D. – Questi eventi hanno nuovamente
sottolineato il problema della povertà dei minatori. In che modo la Chiesa aiuta le
persone che ne soffrono?
R. – I think in every single one of our dioceses and
certainly in the archdiocese… Penso che in ogni singola nostra diocesi, e certamente
nell’arcidiocesi di Durban, ogni parrocchia abbia una sorta di programma alimentare
per assistere i poveri distribuendo cibo o vestiario o aiuti di altro genere. In questo
campo, la Chiesa è certamente molto attiva. Dove probabilmente dobbiamo essere ancora
più attivi è nella capacità di aiutare le persone a negoziare nelle situazioni di
conflitto, come quella che si è verificata a Marikana. Penso che la Chiesa possa essere
d’aiuto in questi conflitti, per quanto io sia convinto che l’aiuto migliore possa
venire da un intervento unito delle Chiese o addirittura delle religioni, piuttosto
che una singola Chiesa che si assuma la responsabilità della mediazione.
D.
– Più in generale, i leader religiosi possono svolgere un ruolo per fermare ulteriori
violenze e incoraggiare invece il dialogo?
R. – Oh yes, I’m sure that that
has been one of the reactions of the religious… Sì: sono sicuro che questa sia
stata una delle reazioni dei leader religiosi agli eventi di Marikana. Ma io credo
anche che come Chiesa e come leader religiosi dobbiamo guardare ai problemi che oggi
sono più profondamente radicati nella nostra società. E uno di questi problemi profondi
– secondo me – è che la vita, per molte persone, ha perso il suo significato, il suo
valore.