Myanmar, contadini espropriati protestano contro miniera di rame
Contadini espropriati delle proprie terre e risarciti in modo irrisorio per far posto
ad una miniera. Il dramma, ormai comune a molte zone del mondo, si sta ripetendo nel
nord del Myanmar, dove oltre mille abitanti di 12 villaggi lo scorso 22 agosto hanno
promosso una marcia per protestare contro risarcimenti stanziati dall’impresa estrattrice
e l’atteggiamento di “indifferenza” verso le loro richieste. Secondo quanto riposta
AsiaNews, il denaro versato servirebbe a ripianare le perdite per il sequestro di
terreni e lo spostamento dalle zone di origine, reso necessario per consentire l'ampliamento
di una miniera di rame di proprietà sino-birmana. Originari della regione di Sagaing,
i contadini hanno sfilato per alcuni chilometri partendo dalle colline di Letpadaung,
sito della cava oggetto del programma di espansione, sino alla cittadina di Salingyi
per "contestare la confisca di quasi 3.300 ettari di terre coltivabili". Per gli abitanti
dei villaggi, i responsabili della miniera non hanno risposto ai dubbi in tema di
inquinamento ambientale, disagi da trasloco forzato e giusto risarcimento sollevati
dalla popolazione. La cava è di proprietà della Myanmar Wanabo Mining Copper - parte
del gigante statale cinese North China Industries Corp. (Norinco) - e opera in partnership
con il Ministero birmano delle miniere e un'industria vicina alla leadership militare.
L'area è teatro di proteste dal dicembre 2011, quando nel pieno della notte i contadini
sono stati svegliati e hanno visto funzionari e responsabili della Myanmar Wanab gettare
scarti della lavorazione nei campi e distruggere i raccolti. Intervistato dal Myanmar
Times, il vicedirettore generale della Myanmar Wanabo Myint Aung risponde che i compensi
sono già stati versati e la cifra corrisposta è equa. Egli aggiunge che finora 200
famiglie hanno traslocato e hanno ricevuto un compenso extra tra i 400 mila e il milione
di Kyat, pari a circa 1.100 dollari. Tuttavia, i contadini non intendono abbandonare
l'area e bollano come "inadeguate" le somme di denaro ricevuto sinora come risarcimento.
La vicenda della miniera di Monywa non è il primo esempio di progetto cinese-birmano
che solleva polemiche per l'impatto ambientale e le violazioni ai diritti dei cittadini.
Lo scorso anno il governo di Naypyidaw ha meravigliato il mondo, con l'annuncio dello
stop ai lavori di costruzione della diga di Myitsone - nello Stato settentrionale
Kachin - dato dal presidente Thein Sein in persona. Oggi attivisti e organizzazioni
ambientaliste chiedono il fermo di altri progetti analoghi, in un Paese ricco di materie
prime ma a rischio di sfruttamento selvaggio. (M.G.)