2012-08-24 14:59:59

Dal dolore più forte al perdono più grande: la testimonianza di un medico palestinese a Rimini


Un incontro toccante, salutato da scroscianti applausi al Meeting di Rimini, è stato quello con Izzeldin Abuelaish, medico palestinese, che nel 2009 ha perso tre figlie e una nipote, uccise da un carro armato israeliano. Abuelaish non ha ceduto all'odio: ha creato la Fondazione per la pace “Daughters for Life” e ora insegna all’università di Toronto, in Canada. Il suo libro “Non odierò”, pubblicato in Italia da Piemme, è un bestseller internazionale. Ascoltiamo la sua toccante esperienza nell’intervista della nostra inviata al Meeting, Debora Donnini:RealAudioMP3

R. – I was born, raised and lived in refugee camp in the Gaza Strip, struggled…
Sono nato, cresciuto e ho vissuto nei campi profughi della Striscia di Gaza. Ho lottato tutta la vita per costruire qualcosa, per donare agli altri, per crescere i miei figli come esseri umani ed educarli a comportarsi come esseri umani. Esercito la professione medica in un ospedale israeliano, perché credo profondamente nel fatto che la medicina non conosce barriere né limiti: la medicina, penso, è un equalizzatore, uno “stabilizzatore umano” tra le genti e per il bene delle genti…

D. – Quando le sue figlie sono state uccise?

R. – In 2009, January 16th is the day when my three daughters and a niece…
Il 16 gennaio del 2009, le mie tre figlie ed una nipote sono state uccise da un carro armato israeliano durante quella che noi chiamiamo "la guerra contro gli abitanti di Gaza". Non credo che quella fosse guerra: è stata una follia umana ed è necessario che comprendiamo che l’approccio militare e la violenza non porteranno mai da alcuna parte. Tre delle mie figlie sono state uccise, e una nipote, ma loro non avevano fatto nulla: non c’era alcuna ragione per ucciderle. Quello che mi fa arrabbiare è che non si riesca ad accettare questo: che non ci si voglia assumere la responsabilità di cambiare la tragedia in qualcosa di positivo per fare, quindi, la differenza nella vita degli altri. E questo è quello che sono determinato a fare: l’ho giurato a Dio, mai mi stancherò perché sono assolutamente determinato a trasformare questa tragedia in cose buone. La pace è un’azione: è necessario vivere per essa, affrontare sacrifici per essa. La pace è giustizia, la pace è libertà.

D. – Cosa l’ha aiutata?

R. – Most important that helped me in that is faith: number 2, faith; number 3…
La cosa che più mi ha aiutato è stata la fede. In secondo luogo, la fede, poi ancora la fede... E poi la mia esperienza di vita e la mia formazione e la mia professione: questi elementi sono stati vitali e mi hanno aiutato ad andare avanti senza guardare indietro. Quando però guardo indietro, so che posso imparare dall’esperienza per prevenire quello che è accaduto. Nella mia professione medica, quando un paziente muore passo al prossimo paziente, però ho capito qual è stata la causa di morte del primo paziente e così posso prevenire ulteriori morti per quella stessa causa.

D. – Lei è il primo medico palestinese ad avere una posizione importante in un ospedale israeliano…

R. - …and I am proud of that, because I believed in it. When I practised medicine…
…e ne vado fiero, perché ci ho sempre creduto. Quando esercitavo la professione medica in un ospedale israeliano nel 1991, durante la prima Intifada, gli israeliani consideravano i palestinesi come operai al loro servizio, persone che lavoravano per loro: occupanti ed occupati. Io volevo che loro cambiassero questa mentalità, che riconoscessero il volto umano del loro prossimo, che conoscessero il prossimo. Allora, ho capito che la medicina è un motore portentoso per i rapporti umani e ci credo profondamente.

D. – Lei promuove anche iniziative per la pace insieme con gli israeliani…

R. – I have my friends, I’m spreading the message everywhere. It’s not limited to…
Tra i miei amici, sto cercando di diffondere il messaggio ovunque. Non è limitato a palestinesi ed israeliani: il messaggio è un messaggio umano che vale per tutto il mondo, perché il Medio Oriente è parte di tutto il mondo e il conflitto non è soltanto in Medio Oriente: è in tutto il mondo! Quindi, questo messaggio è necessario in ogni parte del mondo, è necessario diffonderlo ovunque. E questo è quello che sto facendo: diffondere questo messaggio, vado ovunque per mantenere viva la memoria delle mie figlie e per dimostrare che non le ho dimenticate, e per fare la differenza positiva nella vita degli altri.







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