2012-08-23 17:43:16

Sudafrica. Il cardinale Napier sul massacro dei minatori: uno shock, la vita non ha più valore


Il Sudafrica ha ricordato oggi con cerimonie in tutto il Paese i 34 minatori morti la scorsa settimana in scontri con la polizia, durante uno sciopero nella miniera di platino di Marikana, nel nord dello Stato. Il servizio di Davide Maggiore:RealAudioMP3

Le proteste si sono estese negli ultimi giorni ad altre località, dirigendosi anche contro società diverse dalla britannica Lonnin, da cui il sito di Marikana dipende. Qui le proteste erano cominciate con la richiesta di un innalzamento del salario minimo dall’equivalente di 400 euro a circa 1200, e avevano messo in luce i contrasti tra due diverse organizzazioni sindacali. Da parte, sua il presidente sudafricano, Jacob Zuma, criticato nel Paese per la gestione della vicenda, ha parlato ai minatori durante la sua visita di ieri a Marikana: “Non è accettabile che la gente muoia, quando si può dialogare”, ha detto, dopo aver chiesto la fine di ogni manifestazione violenta. Zuma ha anche ricordato le drammatiche condizioni di vita dei lavoratori del settore, che ha paragonato a quelle “dell’oppressione coloniale e dell’apartheid”, e ha promesso un’accurata indagine sui fatti.

Per un commento sul massacro di Marikana, ascoltiamo il cardinale Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban:RealAudioMP3

R. – I think there are two words to describe the feeling of most South Africans. …
Credo che due siano le parole che meglio descrivono i sentimenti della maggior parte dei sudafricani. Il primo è un sentimento di tristezza e di disappunto per quello che è accaduto. Il secondo, penso che sia la sensazione di avere subito uno shock: uno shock perché mai avremmo pensato che potesse accadere una cosa del genere, che le nostre forze dell’ordine potessero essere coinvolte in una sparatoria su tanta gente. L’ultima volta che la polizia è stata coinvolta in un simile massacro è stato nel 1960 a Sharpville, quando furono uccise 69 persone. Per quanto riguarda il massacro di Marikana, credo che sia troppo presto per dire – prima che l’inchiesta abbia dato i suoi risultati – perché l’azione della polizia abbia preso proprio quella particolare piega, quanti minatori siano stati colpiti alle spalle, quanti erano molto vicini alla polizia … Penso che tutti questi dettagli verranno fuori più in là. La tristezza deriva dal fatto che questo si è verificato in un’epoca in cui noi credevamo che azioni simili da parte della polizia non sarebbero mai più accadute.

D. – Questi eventi hanno nuovamente sottolineato il problema della povertà dei minatori. In che modo la Chiesa aiuta le persone che ne soffrono?

R. – I think in every single one of our dioceses and certainly in the archdiocese …
Penso che in ogni singola nostra diocesi, e certamente nell’arcidiocesi di Durban, ogni parrocchia ha una sorta di programma alimentare per assistere i poveri distribuendo cibo o vestiario o aiuti di altro genere. In questo campo la Chiesa è certamente molto attiva. Dove probabilmente dobbiamo essere ancora più attivi è nella capacità di aiutare le persone a negoziare nelle situazioni di conflitto, come quella che si è verificata a Marikana. Penso che la Chiesa possa essere d’aiuto in questi conflitti, per quanto io sia convinto che l’aiuto migliore possa venire da un intervento unito delle Chiese o addirittura delle religioni, piuttosto che una singola Chiesa che si assuma la responsabilità della mediazione.

D. – Più in generale, i leader religiosi possono svolgere un ruolo per fermare ulteriori violenze e incoraggiare invece il dialogo?

R. – Oh yes, I’m sure that that has been one of the reactions of the religious …
Oh, sì: sono sicuro che questa sia stata una delle reazioni dei leader religiosi agli eventi di Marikana. Ma io credo anche che come Chiesa e come leader religiosi, dobbiamo guardare ai problemi che oggi sono più profondamente radicati nella nostra società. E uno di questi problemi profondi – secondo me – è che la vita, per molte persone, ha perso il suo significato, il suo valore …

Ma quale portata hanno le proteste iniziate a Marikana? Risponde padre Efrem Tresoldi, direttore della rivista dei comboniani “Nigrizia”, già missionario per 20 anni nel Paese africano:RealAudioMP3

R. - Il massacro della scorsa settimana ha innescato questa serie di proteste e si sta estendendo alle altre miniere della zona e probabilmente diventerà qualcosa di ancora più grande. Questo richiama l’attenzione alle condizioni in cui i minatori lavorano: sono condizioni veramente disumane. Io ho visto proprio questa miniera, il villaggio vicino alla Lonmin: ci sono altre situazioni simili, ma sono impressionanti le condizioni in cui vivono: baracche in mezzo al nulla, dove non c’è acqua, dove non ci sono servizi sociali, non c’è neanche la raccolta di rifiuti e questo è stato uno delle maggiori ragioni che ha portato i minatori a unirsi, e allo stesso tempo a rifiutare l’accordo che era stato stipulato tra la Lonmin e lo storico sindacato nazionale dei minatori. Questo senz’altro ha portato a una nuova realtà, quella appunto di un sindacato ormai diviso.

D. - Lei accennava al fatto che queste proteste, potrebbero diventare qualcosa di più vasto. C’è il rischio che non restino confinate a questo settore e diano vita a un vero e proprio movimento sociale?

R. - Non direi che possa estendersi anche ad altri settori. Probabilmente, si limiterà al settore minerario, che è un settore portante dell’economia sudafricana. Direi però che c’è un altro aspetto, ovvero che tutta questa questione ha un risvolto politico, non direttamente voluto dai minatori, ma diventato tale attraverso alcuni politici. In particolare, Jiulius Malema, che ha approfittato della situazione per lanciare strali di accusa, di critica contro il presidente Zuma, cercando quindi di utilizzare questa situazione per avere consensi e portare dalla sua parte questa fetta di popolazione ormai delusa dall’attuale amministrazione governativa e che troverebbe in Malema - populista e demagogo - un’alternativa. Quindi, si sta delineando questo scontro politico tra Jiulius Malema - ex leader della lega giovanile - e il presidente Zuma.

D. - La trasformazione di questa vicenda in una questione politica, rappresenta anche una seria sfida per l’African National Congress (Anc). Il partito di governo ora deve guardarsi anche da una imprevista opposizione all’interno della stessa comunità nera?

R. - Senz’altro. Direi che questa tragica esperienza ha accresciuto il divario che già esisteva tra i sostenitori di Zuma e coloro che invece sono contrari, rappresentati da Julius Malema. Ci sono anche altri politici, che al momento non sono né a favore né contro Zuma, ma questo con l’andar del tempo si andrà chiarendo. Quando si arriverà al congresso elettivo dell’African National Congress - a dicembre - lì si vedrà chiaramente quale potrebbe essere l’eventuale candidato presidente contro Zuma.







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