Sudafrica. Il cardinale Napier sul massacro dei minatori: uno shock, la vita non ha
più valore
Il Sudafrica ha ricordato oggi con cerimonie in tutto il Paese i 34 minatori morti
la scorsa settimana in scontri con la polizia, durante uno sciopero nella miniera
di platino di Marikana, nel nord dello Stato. Il servizio di Davide Maggiore:
Le proteste
si sono estese negli ultimi giorni ad altre località, dirigendosi anche contro società
diverse dalla britannica Lonnin, da cui il sito di Marikana dipende. Qui le proteste
erano cominciate con la richiesta di un innalzamento del salario minimo dall’equivalente
di 400 euro a circa 1200, e avevano messo in luce i contrasti tra due diverse organizzazioni
sindacali. Da parte, sua il presidente sudafricano, Jacob Zuma, criticato nel Paese
per la gestione della vicenda, ha parlato ai minatori durante la sua visita di ieri
a Marikana: “Non è accettabile che la gente muoia, quando si può dialogare”, ha detto,
dopo aver chiesto la fine di ogni manifestazione violenta. Zuma ha anche ricordato
le drammatiche condizioni di vita dei lavoratori del settore, che ha paragonato a
quelle “dell’oppressione coloniale e dell’apartheid”, e ha promesso un’accurata indagine
sui fatti.
Per un commento sul massacro di Marikana, ascoltiamo il cardinale
Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban:
R. – I think
there are two words to describe the feeling of most South Africans. … Credo che
due siano le parole che meglio descrivono i sentimenti della maggior parte dei sudafricani.
Il primo è un sentimento di tristezza e di disappunto per quello che è accaduto. Il
secondo, penso che sia la sensazione di avere subito uno shock: uno shock perché mai
avremmo pensato che potesse accadere una cosa del genere, che le nostre forze dell’ordine
potessero essere coinvolte in una sparatoria su tanta gente. L’ultima volta che la
polizia è stata coinvolta in un simile massacro è stato nel 1960 a Sharpville, quando
furono uccise 69 persone. Per quanto riguarda il massacro di Marikana, credo che sia
troppo presto per dire – prima che l’inchiesta abbia dato i suoi risultati – perché
l’azione della polizia abbia preso proprio quella particolare piega, quanti minatori
siano stati colpiti alle spalle, quanti erano molto vicini alla polizia … Penso che
tutti questi dettagli verranno fuori più in là. La tristezza deriva dal fatto che
questo si è verificato in un’epoca in cui noi credevamo che azioni simili da parte
della polizia non sarebbero mai più accadute.
D. – Questi eventi hanno nuovamente
sottolineato il problema della povertà dei minatori. In che modo la Chiesa aiuta le
persone che ne soffrono?
R. – I think in every single one of our dioceses and
certainly in the archdiocese … Penso che in ogni singola nostra diocesi, e certamente
nell’arcidiocesi di Durban, ogni parrocchia ha una sorta di programma alimentare per
assistere i poveri distribuendo cibo o vestiario o aiuti di altro genere. In questo
campo la Chiesa è certamente molto attiva. Dove probabilmente dobbiamo essere ancora
più attivi è nella capacità di aiutare le persone a negoziare nelle situazioni di
conflitto, come quella che si è verificata a Marikana. Penso che la Chiesa possa essere
d’aiuto in questi conflitti, per quanto io sia convinto che l’aiuto migliore possa
venire da un intervento unito delle Chiese o addirittura delle religioni, piuttosto
che una singola Chiesa che si assuma la responsabilità della mediazione.
D.
– Più in generale, i leader religiosi possono svolgere un ruolo per fermare ulteriori
violenze e incoraggiare invece il dialogo?
R. – Oh yes, I’m sure that that
has been one of the reactions of the religious … Oh, sì: sono sicuro che questa
sia stata una delle reazioni dei leader religiosi agli eventi di Marikana. Ma io credo
anche che come Chiesa e come leader religiosi, dobbiamo guardare ai problemi che oggi
sono più profondamente radicati nella nostra società. E uno di questi problemi profondi
– secondo me – è che la vita, per molte persone, ha perso il suo significato, il suo
valore …
Ma quale portata hanno le proteste iniziate a Marikana? Risponde padre
Efrem Tresoldi, direttore della rivista dei comboniani “Nigrizia”, già missionario
per 20 anni nel Paese africano:
R. - Il massacro
della scorsa settimana ha innescato questa serie di proteste e si sta estendendo alle
altre miniere della zona e probabilmente diventerà qualcosa di ancora più grande.
Questo richiama l’attenzione alle condizioni in cui i minatori lavorano: sono condizioni
veramente disumane. Io ho visto proprio questa miniera, il villaggio vicino alla Lonmin:
ci sono altre situazioni simili, ma sono impressionanti le condizioni in cui vivono:
baracche in mezzo al nulla, dove non c’è acqua, dove non ci sono servizi sociali,
non c’è neanche la raccolta di rifiuti e questo è stato uno delle maggiori ragioni
che ha portato i minatori a unirsi, e allo stesso tempo a rifiutare l’accordo che
era stato stipulato tra la Lonmin e lo storico sindacato nazionale dei minatori. Questo
senz’altro ha portato a una nuova realtà, quella appunto di un sindacato ormai diviso.
D.
- Lei accennava al fatto che queste proteste, potrebbero diventare qualcosa di più
vasto. C’è il rischio che non restino confinate a questo settore e diano vita a un
vero e proprio movimento sociale?
R. - Non direi che possa estendersi anche
ad altri settori. Probabilmente, si limiterà al settore minerario, che è un settore
portante dell’economia sudafricana. Direi però che c’è un altro aspetto, ovvero che
tutta questa questione ha un risvolto politico, non direttamente voluto dai minatori,
ma diventato tale attraverso alcuni politici. In particolare, Jiulius Malema, che
ha approfittato della situazione per lanciare strali di accusa, di critica contro
il presidente Zuma, cercando quindi di utilizzare questa situazione per avere consensi
e portare dalla sua parte questa fetta di popolazione ormai delusa dall’attuale amministrazione
governativa e che troverebbe in Malema - populista e demagogo - un’alternativa. Quindi,
si sta delineando questo scontro politico tra Jiulius Malema - ex leader della lega
giovanile - e il presidente Zuma.
D. - La trasformazione di questa vicenda
in una questione politica, rappresenta anche una seria sfida per l’African National
Congress (Anc). Il partito di governo ora deve guardarsi anche da una imprevista opposizione
all’interno della stessa comunità nera?
R. - Senz’altro. Direi che questa tragica
esperienza ha accresciuto il divario che già esisteva tra i sostenitori di Zuma e
coloro che invece sono contrari, rappresentati da Julius Malema. Ci sono anche altri
politici, che al momento non sono né a favore né contro Zuma, ma questo con l’andar
del tempo si andrà chiarendo. Quando si arriverà al congresso elettivo dell’African
National Congress - a dicembre - lì si vedrà chiaramente quale potrebbe essere l’eventuale
candidato presidente contro Zuma.