Dall’Iran, alleato storico della Siria, da giorni rimbalzano dichiarazioni di fuoco
nei confronti di Israele. Dopo il presidente Ahmadinejad ieri l’ayatollah Ali Khamenei.
La tensione tra i due Paesi è salita vertiginosamente e, secondo molte fonti, lo Stato
ebraico starebbe preparandosi per un attacco in autunno. Su internet, nei giorni scorsi,
era anche apparso un documento presentato come un vero e proprio piano di guerra.
Nell’intervista di Benedetta Capelli l’opinione di Marcella Emiliani,
esperta di Medio Oriente: R. – Sulle dichiarazioni
di Ahmadinejad oserei dire “niente di nuovo”, nel senso che regolarmente promette
la totale distruzione di Israele. Diciamo che il momento è un po’ particolare. Anche
da parte di Netanyahu c’è sempre stata, verso l’autunno, questa manifestazione di
ostilità nei confronti dell’Iran, e oggettivamente l’Iran è una minaccia per Israele.
Il momento che rende il tutto molto critico è dato da due fattori: innanzitutto, che
l’Iran è ormai coinvolto in prima persona nella difesa del regime di Assad, quindi
toccare l’Iran in questo momento significa anche propagare un incendio in tutta l’area
che finisce direttamente ai confini con Israele attraverso la Siria. E questo è il
primo elemento. Il secondo elemento è che Israele, tatticamente, ha sempre strumentalizzato
i periodi elettorali americani per compiere azioni che gli Stati Uniti avrebbero tentato
di frenare: azioni belliche, intendo. E, come sappiamo, siamo in pieno periodo elettorale
americano: a novembre dovrebbero esserci le elezioni e quindi l’autunno sarebbe un
momento molto delicato per questo. Questi sono i due fattori: la paura che l’Iran
arrivi a ridosso del confine con Israele attraverso la Siria e l’altro è il momento
fornito dalle elezioni americane. Questo ci fa uscire dalla ritualità dello scambio
di minacce tra Israele e Iran.
D. – Forse un ulteriore elemento di novità è
che in Israele sta crescendo la protesta contro il governo e contro questo ipoetico
attacco armato all’Iran …
R. – Sì: in questo caso sì, soprattutto diciamo che
ci sono forti dubbi da parte dell’establishment militare. Israele è uscito nel 2006
da una batosta incredibile nella guerra contro il Libano, contro Hezbollah che – ricordiamo
– è un alleato sia della Siria sia dell’Iran e quindi anche questo poi riaccenderebbe
un nuovo fronte anche dalla parte libanese, in caso di attacco israeliano all’Iran.
Certamente, adesso si sta muovendo anche parte della società civile. In genere quanto
Israele muove guerra da qualche parte per la propria sopravvivenza, la società civile
è d’accordo con il proprio governo. In questo caso, invece, abbiamo visto di no.
D.
– Quanto le presidenziali americane potranno invece influire sulla politica estera
israeliana e in particolar modo sull’atteggiamento nei confronti dell’Iran?
R.
– Siamo in periodo elettorale e quindi Obama ha le mani legate, da una parte. Dall’altra,
il rapporto tra Obama e Netanyahu è sempre stato un rapporto molto conflittuale: non
dimentichiamo che Obama ha tentato in varie maniere di spingere Netanyahu al tavolo
de negoziati con i palestinesi e, detto francamente, non c’è riuscito; ricordiamo
poi l’accoglienza quasi trionfale che Netanyahu ha ricevuto al Congresso. Un’azione
come un eventuale attacco all’Iran credo che metterebbe gli Stati Uniti in una situazione
molto critica perché, anche se la politica non è d’accordo con questo attacco, una
volta che Israele decidesse lo scontro gli Stati Uniti si troverebbero giocoforza
schierati dalla parte di Israele.