Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
In questa 20.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il passo del
Vangelo in cui Gesù, parlando nella sinagoga di Cafarnao, dice - tra lo scandalo di
molto giudei - di essere il pane vivo, disceso dal cielo. “Se uno mangia di questo
pane – afferma - vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita
del mondo”. Quindi aggiunge:
"In verità, in verità io vi dico: se non mangiate
la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita
… Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda".
Su questo
brano evangelico ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin,
docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Molto crudo
il linguaggio di questo brano evangelico che riprende ancora il discorso di Cafarnao:
mangiare la carne, bere il sangue, ripetuto molte volte al positivo e al negativo.
Non per nulla i Giudei presenti si ribellano e discutono aspramente, come dice il
testo. In effetti è molto ardita l’immagine, e potrebbe evocare ritualità macabre.
Ma Gesù non arretra: solo chi non si limita ad amare la sua divinità santa, ma ama
e assimila la sua umanità - cioè la sua passione e la sua gioia, le sue lacrime e
i suoi abbracci, solo chi si fa con lui e come lui vita donata, corpo di solidarietà,
compagnia con i fragili e libertà filiale col Padre - diventa salvato e strumento
di salvezza. È questa verità che deve star sotto la nostra partecipazione al banchetto
eucaristico: là è presente e protagonista la persona stessa di Gesù nell’atto di donarsi
interamente a noi, come carne immolata e riverbero di vita. E noi facendo comunione
con il Signore, crocifisso e risorto, vogliamo con lui donarci al Padre e diventare
carne di fraternità e sangue di solidarietà per tutti. Fossimo coscienti di questa
ricchezza di senso e di impegno, forse sarebbero meno sbadate e monotone le nostre
celebrazioni, e la nostra fede più creativa.