Siria espulsa dai Paesi islamici. Onu: crimini di guerra commessi da esercito e ribelli
In Siria i lealisti di Assad ed i ribelli, anche se in misura minore, hanno commesso
crimini di guerra e contro l’umanità. E’ la denuncia delle Nazioni Unite arrivata
ieri, nell’ennesima giornata di violenza con una ventina di morti. Intanto Arabia
Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrein e Kuwait hanno chiesto ai propri cittadini
di lasciare il Libano per l’insicurezza in Siria. Il servizio di Marina Calculli:
Abbiamo sentito
dell’espulsione della Siria dall’Oci, Organizzazione per la conferenza islamica, ratificata
nella notte. Ma quali sono le conseguenze dell’espulsione della Siria? Benedetta
Capelli lo ha chiesto a Stefano Torelli, membro del Cisip, Centro Italiano
di Studi dell’Islam politico:
R. – Diciamo
che le conseguenze di questa decisione adottata sono in realtà più simboliche che
altro. Si tratta di un’organizzazione abbastanza importante, dal punto di vista politico
Fra l’altro anche in seno a queste organizzazione è maturata l’ennesima spaccatura
tra il blocco arabo-sunnita e l’Iran. Peraltro, bisogna ricordare che il presidente
dell’organizzazione è un turco e anche questo ha un suo peso. Le conseguenze sono
più simboliche che effettive, perché stanno a dimostrare ancora una volta l’isolamento
in cui il regime di Damasco si trova, anche all’interno dello stesso blocco dei Paesi
islamici, dei Paesi musulmani.
D. – Quella proposta che era stata fatta del
mediatore dell'Onu e dell'Unione Africana, Kofi Annan, di inglobare l’Iran in una
trattativa per favorire l’uscita di scena di Assad, può ancora essere una prospettiva
valida?
R. – Più che una prospettiva valida realisticamente potrebbe essere
l’unica vera prospettiva percorribile. L’Iran è un attore fondamentale da coinvolgere
in qualsiasi negoziato che riguardi i conflitti in Medio Oriente. E Kofi Annan è stato
realista e anche lungimirante. D’altro canto, però, vi sono equilibri politici difficili
da scardinare e quindi, oggi come oggi, soprattutto per il veto di Paesi come gli
Stati Uniti e di altri. E’ chiaro che ormai si è arrivati ad un punto in cui Stati
Uniti, Occidente e in parte anche Turchia, che invece prima si poneva sempre come
un interlocutore tra l’Occidente e l’Iran, abbiano maturato la decisione. La sensazione
è che la crisi siriana non debba più passare neanche per Teheran, ma debba essere
risolta in altro modo. Quale altro modo non è stato messo bene in chiaro.
D.
– Tra poco scade il mandato degli osservatori Onu in Siria. Che bilancio si può fare
di questa missione?
R. – Non è un successo. E’ stata una missione che è stata
messa in campo soprattutto per cercare, anche tramite l’azione diplomatica, come assicurava
Kofi Annan, di trovare delle soluzioni condivise, ma le caratteristiche stesse di
questa missione hanno subito messo in evidenza, a mio avviso, la debolezza della missione
stessa. La Siria è ormai – nessuno lo nasconde più – un vero e proprio teatro di guerra
civile e la missione attuale dell’Onu prevede l’invio di 300 soldati, non armati,
a titolo di osservatori, per monitorare la situazione. Mi sembra che l’azione dell’Onu
sia stata più simbolica che efficace, dal punto di vista reale.