2012-08-16 13:35:03

Onu: esercito e ribelli siriani colpevoli di crimini di guerra, possibile coinvolgimento di Al Qaeda


In attesa del rinnovo, in giornata, della missione degli osservatori Onu in Siria, ieri un rapporto delle Nazioni Unite ha lanciato precise accuse contro l’esercito del presidente Assad e le milizie dell’opposizione, responsabili in varia misura - dice il documento - di crimini di guerra e contro l’umanità. A preoccupare c’è anche il rischio di accordi dei ribelli con Al Qaeda, come annunciato dal leader degli insorti ad Aleppo. Il servizio di Giancarlo La Vella:RealAudioMP3

Molto più che un sospetto, questa volta a paventare che Al Qaeda possa scendere in campo nella sanguinosa guerra civile siriana è stato in prima persona il comandante delle milizie ribelli ad Aleppo, Abu Ammar. Se l'Occidente continua a rifiutarsi di inviarci armi per combattere le forze del presidente Assad, potremmo ricorrere all'aiuto di Al Qaeda. Una minaccia che per ora non ha nulla di reale, ma che potrebbe concretizzarsi se la battaglia ad Aleppo non dovesse avere esiti favorevoli ai ribelli. Dalla sua, il regime di Assad cerca di limitare il suo isolamento, messo ancor più in luce dalla sospensione della Siria dalla Conferenza dei Paesi islamici e dal documento Onu. Bouthaina Shaaban, inviato a Pechino di Damasco, in un’intervista ringrazia apertamente Cina e Russia, che hanno - afferma - una visone reale del conflitto in Siria. Il diplomatico ha invitato le due potenze a collaborare, insieme con l’Iran, per trovare una soluzione alla sanguinosa crisi. Anche stamani già alcune decine di vittime.

Per un commento su questi sviluppi della crisi siriana, Giancarlo La Vella ha intervistato Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all’Università Cattolica di Milano:RealAudioMP3

R. – Sono cose ampiamente note per chi ha voluto guardare la situazione siriana in modo meno semplicistico. In realtà noi abbiamo sempre bisogno di raccontare le vicende in cui vi sia un cattivo - e Assad non ci sono dubbi che lo sia - e i buoni, che erano i rivoltosi, spesso propagandati come gruppi liberali a favore della democrazia. Ma all’interno dell’opposizione c’è un po’ di tutto e, ovviamente, chi si sta rafforzando in questo clima di guerra civile sono le frange più estreme, cioè i salafiti, che sono estremamente settari e dogmatici, e i gruppi jihadisti vicini ad Al Qaeda, che spesso utilizzano gli stessi metodi operativi.

D. - La possibilità, dichiarata dai ribelli di Aleppo, che si possano fare accordi con al Qaeda provoca ancora più preoccupazione sugli esiti di questa guerra civile…

R. – Dà più preoccupazione, ma di fatto si sta dicendo una cosa che già è avvenuta. Al Qaeda è più che altro ormai una sigla, ma da mesi i servizi iracheni segnalavano come i combattenti jihadisti vicini alla rete e al terrorismo sunnita estremista, che per anni hanno operato in Iraq, si fossero spostati oltre frontiera per combattere Assad. Non è un mistero che Arabia Saudita e Qatar sostengano i gruppi salafiti. I gruppi salafiti sono quegli estremisti sunniti che hanno una contiguità, una posizione di ambiguità nei confronti del jihadismo globale. Che poi ci sia l’etichetta Al Qaeda o di qualcosa d’altro, non cambia un discorso comunque estremamente violento, come si vede a Damasco con gli attentati con le autobombe o i kamikaze. Questo è il tipico modus operandi del jihadismo globale.

D. – E’ allora questo il momento da parte della comunità internazionale di operare con una missione un po’ più decisa rispetto al semplice invio di osservatori dell’Onu?

R. – Da un lato abbiamo un regime crudele, al di là di ogni misura come quello di Assad, che è indifendibile, dall’altra parte abbiamo sempre più un’opposizione che minaccia di prendere il potere e fare quello che sta facendo Assad in questi mesi, cioè una pulizia etnica, una serie di attacchi contro tutte le minoranze non sunnite nel Paese: cioè, gli alawiti ma anche le comunità cristiane che sono molto forti in Siria. Di fronte a questo scenario è evidente che continuare a leggere la realtà siriana in modo dicotomico, buoni e cattivi, non ci aiuta. E’ evidente che la comunità internazionale debba fare qualcosa. Non so se andare verso una “no fly zone” o una missione, tipo quella della Libia, che è rischiosissima e irriterebbe molto la Russia e la Cina, sia la soluzione giusta. Forse bisognerebbe cercare anche di coinvolgere gli attori regionali presenti, cercando una soluzione che non sia solo la caduta di Assad. Certo Assad se ne deve andare, ma, prima che se ne vada, occorre anche costruire un dopo, per non lasciare la Siria nelle mani dell’anarchia e di una guerra civile ipersettaria.







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