2012-08-14 14:14:30

Siria, l'ex premier fuggito in Giordania: il regime di Assad è quasi alla fine


La Siria ancora stretta nella morsa della violenza. Pesanti scontri in tutto il Paese, a Damasco è giunta Valerie Amos, rappresentante Onu per gli Affari umanitari, che dovrà fare il punto sugli aiuti ai profughi. Mentre la Conferenza dei Paesi Islamici ha deciso l’espulsione della Siria dall’organizzazione, pesano le dichiarazioni dell’ex premier siriano fuggito in Giordania. Benedetta Capelli:RealAudioMP3

“Il regime di Damasco sta commettendo crimini contro la popolazione, io non potevo continuare a guardare”. Riad Hijab, ex premier siriano, spiega così la sua decisione di ripiegare in Giordania. In una conferenza stampa, sottolinea che solo l'Esercito Siriano Libero sta difendendo i civili dalla violenza del regime che ormai – afferma – controlla il 30% del Paese e non ha più la forza economica e finanziaria per resistere. Parole che arrivano nel giorno in cui i ministri degli Esteri dei Paesi della Conferenza Islamica, riuniti alla Mecca, hanno deciso di sospendere la Siria dall'Organizzazione nonostante la contrarietà dell’Iran. Un modo per isolare ancora di più il presidente Assad. In Siria gli scontri continuano soprattutto ad Aleppo e a Damasco, secondo l’opposizione, solo ieri sono state 160 le vittime, cento i civili uccisi. La tv iraniana Al Alam ha reso noto il rapimento di un suo reporter, fermato dai ribelli ad Homs mentre rientrava a casa. Intanto cresce l’emergenza umanitaria, a Damasco è giunta Valerie Amos, vice segretario generale dell'Onu per gli affari umanitari. In programma incontri con il sottosegretario agli Esteri siriano per discutere degli aiuti a più di un milione e mezzo di sfollati all'interno della Siria e ai circa 150 mila rifugiati nei Paesi confinanti.

Quali conseguenze dell’espulsione, che sarà ratificata domani, della Siria dall’Oci, Organizzazione della Conferenza Islamica? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Stefano Torelli, membro del Cisip, Centro Italiano di Studi dell’Islam politico: RealAudioMP3

R. – Diciamo che le conseguenze di questa decisione adottata sono in realtà più simboliche che altro. Si tratta di un’organizzazione abbastanza importante, dal punto di vista politico Fra l’altro anche in seno a queste organizzazione è maturata l’ennesima spaccatura tra il blocco arabo-sunnita e l’Iran. Peraltro, bisogna ricordare che il presidente dell’organizzazione è un turco e anche questo ha un suo peso. Le conseguenze sono più simboliche che effettive, perché stanno a dimostrare ancora una volta l’isolamento in cui il regime di Damasco si trova, anche all’interno dello stesso blocco dei Paesi islamici, dei Paesi musulmani.

D. – Quella proposta che era stata fatta del mediatore dell'Onu e dell'Unione Africana, Kofi Annan, di inglobare l’Iran in una trattativa per favorire l’uscita di scena di Assad, può ancora essere una prospettiva valida?

R. – Più che una prospettiva valida realisticamente potrebbe essere l’unica vera prospettiva percorribile. L’Iran è un attore fondamentale da coinvolgere in qualsiasi negoziato che riguardi i conflitti in Medio Oriente. E Kofi Annan è stato realista e anche lungimirante. D’altro canto, però, vi sono equilibri politici difficili da scardinare e quindi, oggi come oggi, soprattutto per il veto di Paesi come gli Stati Uniti e di altri. E’ chiaro che ormai si è arrivati ad un punto in cui Stati Uniti, Occidente e in parte anche Turchia, che invece prima si poneva sempre come un interlocutore tra l’Occidente e l’Iran, abbiano maturato la decisione. La sensazione è che la crisi siriana non debba più passare neanche per Teheran, ma debba essere risolta in altro modo. Quale altro modo non è stato messo bene in chiaro.

D. – Tra poco scade il mandato degli osservatori Onu in Siria. Che bilancio si può fare di questa missione?

R. – Non è un successo. E’ stata una missione che è stata messa in campo soprattutto per cercare, anche tramite l’azione diplomatica, come assicurava Kofi Annan, di trovare delle soluzioni condivise, ma le caratteristiche stesse di questa missione hanno subito messo in evidenza, a mio avviso, la debolezza della missione stessa. La Siria è ormai – nessuno lo nasconde più – un vero e proprio teatro di guerra civile e la missione attuale dell’Onu prevede l’invio di 300 soldati, non armati, a titolo di osservatori, per monitorare la situazione. Mi sembra che l’azione dell’Onu sia stata più simbolica che efficace, dal punto di vista reale.







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