2012-08-14 12:57:41

Mons. Tomasi: intervenire subito per evitare nuova crisi alimentare mondiale


Cresce l’allarme, a livello internazionale, per l’aumento dei prezzi dei beni alimentari. Un’emergenza acuita dalla siccità negli Stati Uniti, la peggiore negli ultimi 60 anni, che ha determinato un notevole ribasso nei raccolti di mais e soia. Per evitare una nuova crisi alimentare, dopo quella del 2007-2008 che provocò numerose rivolte in molti Paesi, i membri del G20 si riuniranno il 27 agosto. In tale occasione, potrebbe essere convocata una Conferenza mondiale sull’emergenza, tra la fine di settembre e gli inizi di ottobre. Secondo la Coldiretti, la crisi alimentare potrebbe colpire anche l’Italia che importa l’80 per cento della soia di cui ha bisogno. Sul rischio di una nuova crisi alimentare mondiale, Alessandro Gisotti ha intervistato l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra:RealAudioMP3

R. – Le statistiche sono molto serie: il calcolo è di 170 milioni di bambini rachitici o fisicamente indeboliti, perché hanno un'alimentazione inadeguata. Ci sono Paesi che soffrono la fame, come lo Yemen per esempio, dove si calcola che 10 milioni di persone siano affamate e 260 mila bambini malnutriti e a rischio di morte. Poi ci sono il Sahel, la Somalia e il Sud Sudan. Nel contesto delle Nazioni Unite si parla di un bisogno di quasi otto miliardi di dollari per poter rispondere alle emergenze attuali e ne sono arrivati meno di quattro. Quindi, il problema rimane ed è complicato da quella che viene percepita come l’inizio di una nuova crisi, a causa della siccità negli Stati Uniti e in altri Paesi, come l’Australia e la Russia, produttori di cibo. La siccità negli Stati Uniti è la peggiore degli ultimi 60 anni per cui la produzione di soia e di mais viene ridotta e questi cereali hanno registrato nel mese di luglio un balzo del 17 per cento in più nei prezzi, rispetto al mese di giugno. Ci troviamo veramente spiazzati nella programmazione. Questo alzarsi dei costi può avere delle ripercussioni anche sociali, se pensiamo alla crisi del 2007-2008 per il costo del cibo, che ha visto sommosse e proteste in 30 Paesi, dal Bangladesh fino ad Haiti. Bisogna stare attenti e calcolare bene le conseguenze di questo momento.

D. – In che modo si può prevenire l’esplodere di una nuova crisi alimentare?

R. – Questo è il compito che dovranno assumersi i rappresentanti del G20, che si pensa dovranno incontrarsi o a settembre o ad ottobre: affrontare la politica globale del cibo nel mondo di oggi. Bisogna tenere in conto le cause di questa scarsità di cibo. Certo la siccità è una delle cause, ma c’è anche il fatto che una grande quantità di cibo, di prodotti agricoli – dal mais alle barbabietole alla canna da zucchero – vengono usati per produrre biocarburanti, specialmente l’etanolo. Quindi, si è aperta in questi giorni, in maniera rinnovata, la controversia su come trovare una politica adeguata che equilibri la necessità dell’ambiente e quindi di ridurre l’anidride carbonica che viene emessa nell’aria a causa dell'uso del petrolio e così via, ma dall’altra di dare priorità al cibo, perché il cibo è una necessità legata alla vita. Del resto, in questa politica globale che si dovrebbe formulare, bisognerà tener conto di come la speculazione finanziaria sul mercato delle “commodity” del cibo sia ancora importante e che ci vogliono delle regole per evitare sfruttamenti che abbiano delle conseguenze, soprattutto sugli strati più poveri e più bisognosi della popolazione.

D. – La Santa Sede ribadisce che non si può pensare ad un commercio dei beni primari come gli alimenti, per l’appunto, come fossero beni comuni...

R. – Questo viene enfatizzato dalla Dottrina sociale della Chiesa, quindi dalla voce del Papa soprattutto, per la sua connessione: perché il diritto al cibo, il diritto all’acqua sono legati strettamente alla vita. Non si può giocare o speculare per vantaggi prettamente economici su queste “commodity”, questi beni che sono importanti, soprattutto in questo momento. Ci vuole quindi una possibilità di distribuzione più equa.







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