Londra 2012: cala il sipario sui Giochi ma si guarda già alle Paralimpiadi
Archiviata la 30.ma edizione dei Giochi Olimpici, Londra già guarda al prossimo importante
appuntamento: le Paralimpiadi in programma dal 29 agosto al 9 settembre per atleti
diversamente abili. Benedetta Capelli ha chiesto un bilancio di questa edizione
dei Giochi a don Mario Lusek, cappellano della spedizione olimpica azzurra,
raggiunto telefonicamente a Londra:
R. – I bilanci
di solito si fanno su diversi aspetti e per quello che riguarda il cappellano la valutazione
va fatta proprio in rapporto alle persone che ha incontrato, alla proposta che voleva
fare, ma soprattutto alla recezione di quelli che sono stati i bisogni, le attese,
i desideri delle persone incontrate. Il bilancio, per me, è altamente positivo, perché
ho percepito nell’esperienza degli atleti, nell’incontro con molti di loro, questo
desiderio di infinito, di assoluto, di trascendente. L’immagine bella che mi porto
nel cuore è proprio quella di ieri sera, quando sul palco di "Casa Italia" c’erano
le ultime cinque medaglie del giorno e avevamo rappresentata quella che è la "gioventù
d’Italia", la tradizione, la ricchezza dei valori che i nostri giovani portano con
loro. Sono giovani che ci danno speranza, fiducia e soprattutto ottimismo, perché
hanno dato il meglio; sanno raccontare fatiche, sacrificio e impegno, sanno raccontare
anche la gioia, il bisogno di festa, anche se ci sono state piccole delusioni.
D.
– Lei più volte ha sottolineato, parlando dei Giochi olimpici di Londra, questo spirito
di festa e di integrazione, che si è respirato...
R. – Sicuramente sì, perché
le tensioni della vigilia creavano delle ansie e delle preoccupazioni, ma, di fatto,
sia il clima della città, sia il rapporto stretto che esisteva tra città e villaggio
olimpico – non erano mondi separati o mondi distanti, ma mondi integrati – la multiculturalità
della città stessa ha favorito proprio questa osmosi tra le diversità. L’evento non
è stato un evento fine a se stesso, ma lascerà sicuramente una traccia, che anche
le comunità locali sono chiamate a valorizzare.
D. – Lei diceva “un’eredità”,
che probabilmente Londra dovrà a questo punto anche portare nelle Paraolimpiadi...
R. – Beh, i giochi paraolimpici integrano e continuano questa esperienza di
festa e di gioia ancora di più, perché parlano di integrazione, di superamento di
barriere e di un confronto a tutto campo con tutte le tipologie di persone, abili
o meno abili che siano. Al centro, infatti, viene rimessa la persona in quanto tale
e mettendo al centro la persona si mette al centro quello che la persona rappresenta.
Per noi credenti è l’immagine di Dio, quindi l’immagine della vita. E’ vita, voglia
di vivere, voglia di esistere, voglia di fare festa.
D. – Parliamo anche di
Pistorius. Come non avere simpatia per un personaggio così...
R. – Sì, non
c’è dubbio, perché lui ha sfidato veramente l’impossibile e la sua vittoria è l’aver
partecipato, alla pari con tutti gli altri. Forse è il sogno di tutti, quello che
non ci sia più una distinzione tra Olimpiadi e Paraolimpiadi. Non so come, perché
tecnicamente i problemi sono tanti. Di fatto, però, se vogliamo superare ogni tipo
di diversità e fare in modo che non esista l’abile o il disabile, ma esista la persona,
forse anche nello sport si possono trovare forme competitive d’integrazione e di non
separazione.
D. – Più volte abbiamo sottolineato questo spirito multiculturale
di Londra, ma anche uno spirito ecumenico che è emerso. Da questo punto di vista che
bilancio si può fare?
R. – Il dialogo è stato veramente intenso e la presenza
di ministri delle diverse religioni, delle diverse confessioni cristiane è stato un
segno di concordia non immune da difficoltà, perché quando ci si mette insieme ognuno
deve rinunciare a qualcosa di sé dal punto di vista culturale. Dal punto di vista
liturgico, però, sono state salvaguardate anche le diverse identità, le varie particolarità
e quindi non c’è stato un sincretismo, ma un’esperienza religiosa dialogante e coinvolgente
da parte di tutti.
D. – Già è partito il conto alla rovescia per Rio de Janeiro
2016, cosa darà il Brasile alle Olimpiadi?
R. – Il Brasile è pronto, sicuramente,
a diventare il centro del mondo, ed è pronto perché ha già la stessa ricchezza che
abbiamo sperimentato a Londra - la pluralità, la molteplicità, la multiculturalità
- e ha anche una sua forte identità particolare, in cui anche la presenza dei credenti,
la presenza dei cristiani è molto significativa, soprattutto da parte nostra, della
Chiesa cattolica.