2012-08-11 15:07:14

Siria: scontri a Damasco e Aleppo, verso la nomina di Brahimi a inviato speciale


In Siria gli scontri riprendono a Damasco e ad Aleppo, le due principali città del paese. Visita di Hillary Clinton a Istanbul per discutere della crisi siriana. Sullo stesso tema si riuniranno oggi a Gedda in Arabia Saudita i ministri degli Esteri arabi. Il servizio di Marina Calculli: RealAudioMP3

Un’altra giornata di bombardamenti intensi nel cuore di Damasco rende sempre più incerta la pretesa del regime di controllare la capitale. D’altra parte è stata la stessa agenzia governativa SANA a dare notizia di una bomba collocata da presunti “terroristi” nella zona di al-Marije, non lontano dal Four Seasons, un albergo spesso frequentato dalle delegazioni internazionali. Nel nord di Damasco invece sono stati rapiti dai ribelli quattro dipendenti della tv di stato al-Ikhbaria. L’offensiva delle forze di opposizione è ripresa però anche ad Aleppo. Dopo la ritirata strategica degli ultimi giorni, i ribelli tentano di recuperare il controllo della città. L’arcivescovado armeno-ortodosso è stato danneggiato. Il segretario di Stato americano Hillary Clinton, di ritorno da un viaggio in Africa, ha incontrato ieri a Istanbul il presidente turco Abdullah Gul e alcuni gruppi dell’opposizione siriana, promuovendo un gruppo di lavoro tra America e Turchia. La Casa Bianca ha disposto nel frattempo oltre 5 milioni e mezzo di dollari di aiuti umanitari mentre l’ex segretario alla difesa Cohen si è detto certo che l’America si sta preparando ad imporre una no fly zone sulla Siria.

La nomina del successore di Kofi Annan nel ruolo di inviato speciale sarà dunque al centro del vertice di Gedda. Il nome più probabile è quello dell’ex ministro algerino Lakhdar Brahimi. Davide Maggiore ha chiesto a Ugo Tramballi, inviato del “Sole 24 Ore”, quali prospettive apre questa scelta:RealAudioMP3

R. - Brahimi è una persona degnissima come tra l’altro lo era Kofi Annan. Il problema non è la persona, l’incarico. Il problema è l’obiettivo. L’obiettivo non lo raggiungerà Brahimi come non lo ha raggiunto Kofi Annan, perché le parti sul campo non hanno alcuna intenzione di aderire, nei fatti, alle richieste, al tentativo di accordo sponsorizzato dalle Nazioni Unite. Continuano sul campo, a fare la loro guerra.

D. - Neanche l’esperienza precedente di Brahimi, in conflitti come quelli dell’Iraq e dell’Afghanistan, può essere un aiuto in questo senso?

R. - Brahimi ha avuto qualche piccolo successo in Afghanistan, ma il Paese oggi non è molto più stabile e molto più pacificato di quanto lo fosse prima; qualsiasi proposta è destinata a fallire se non viene accettata e accolta dalle parti in causa.

D. - D’altra parte, Hillary Clinton è in Turchia per discutere della crisi siriana. Perché questo intervento diretto degli Stati Uniti?

R. - Il fatto che il segretario di Stato Usa vada ad Istanbul - certamente anche a parlare di Siria - non vuol dire un coinvolgimento diretto più di quanto gli americani siano già coinvolti, devo dire con molta attenzione e con un certo distacco e con una certa intelligenza politica. L’internazionalizzazione del conflitto è sotto traccia fin dal suo inizio, e in qualche modo l’ha sancita il ministro degli Esteri iraniano, ricordando che l’Iran non accetterà mai la caduta del regime siriano. In qualche modo, certo, il viaggio di Hillary Clinton in Turchia è anche una risposta agli iraniani, ma non credo che, almeno per il momento, nessun occidentale sotto qualsiasi forma - Nazioni Unite, Nato, Stati Uniti, Unione Europea - abbia alcuna intenzione di essere coinvolto militarmente nel conflitto siriano.

D. - Da parte statunitense non si può quindi ipotizzare una sorta di "seconda linea", parallela o opposta, a quella delle Nazioni Unite?

R. - Posto che esista un piano americano della risoluzione del conflitto, o se decidessero di averne uno, non credo che sarebbe in conflitto con quello delle Nazioni Unite. Ormai anche le Nazioni Unite hanno capito che non c’è soluzione se Bashar al-Assad e il vertice dell’attuale regime non fanno un passo indietro. Io credo che gli Stati Uniti abbiano tutto l’interesse a rafforzare un’eventuale proposta dalle Nazioni Unite, che però al momento non c’è. Al momento c’è uno stallo totale, nel senso che non è possibile alcun negoziato, e non è possibile alcun intervento militare. La Siria ha una massa critica, ha una geopolitica completamente diverse dalla Libia. Quindi ci dobbiamo aspettare - credo - un conflitto molto lungo. Del resto la guerra civile libanese scoppiò nel 1975 e terminò nel 1990 con alti e bassi, con guerre civili diverse all’interno della grande guerra civile libanese. Io credo che dobbiamo aspettarci qualcosa di simile al conflitto libanese.

D. - Quale impatto ulteriore può avere la crisi siriana sul resto della regione, e quanto vasto?

R. - Diciamo che a Bashar Al Assad l’acqua è arrivata alla cintola. Nel momento in cui l’acqua arrivasse al collo, gli Hezbollah libanesi e l'Iran soprattutto, non potrebbero accettare la caduta del regime di Assad o, quanto meno, il trasferimento della Siria nel fronte non dico tanto occidentale, quanto quello sunnita. Questo potrebbe, in ogni momento, provocare un conflitto regionale.

Ultimo aggiornamento: 12 agosto 2012







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