India: dalit cristiani e musulmani insieme contro le discriminazioni
Si è tenuto ieri in India il “Black day”, un giorno di lutto contro la discriminazione
dei cristiani e muslmani. Con questa giornata è stato chiesto al nuovo presidente
Pranab Mukherjee, al primo ministro Manmohan Singh e al presidente della United Progressive
Alliance (Upa) Sonia Gandi di abolite l’articolo 3 della legge sulle Scheduled
Castes (Sc) del 1950 che discrimina i dalit di religione diversa da indù e buddismo.
Questa legge riconosce ai membri della Scheduled Castes vari diritti previsti
dall’articolo 341 della Costituzione indiana, grazia ai quali i dalit indù hanno facilitazioni
di tipo economico, educativo e sociale e quote di posti di lavoro assegnati nella
burocrazia. Ma il terzo paragrafo della norma specifica che non può essere membro
di questi gruppi chi confessa una religione diversa dall’induismo. Nel 1956 e nel
1990 sono stati introdotti emendamenti a favore dei buddisti e dei sikh, ma, 62 anni
dopo l’approvazione, sono ancora esclusi cristiani e musulmani, i quali sono oggi
costretti a vivere ai margini della società, non lavorano e devono sottostare agli
antichi obblighi previsti nel sistema delle caste anche se questo è abolito da oltre
60 anni. Dichiara all’agenzia AsiaNews mons. Anthonisamy Neethinathan, responsabile
per la Conferenza episcopale indiana (Cbci) della Commissione per la Scheduled
Castes e Tribù: “I dalit cristiani indiani sono ancora discriminati per la loro
fede. In un Paese laico come l’India è scandaloso che i fuori casta di religione diverse
da indù e buddismo vengano privati dei loro diritti a causa della religione”. Questa
legge è in evidente contrasto con i principi di uguaglianza (art. 14), divieto di
discriminazioni dovute alla propria fede (art. 15) e libertà religiosa (art. 25) previsti
dalla Costituzione. Fino ad oggi tutti gli appelli, i richiami e le proteste non hanno
ottenuto risposta. Anche molte promesse elettorali a riguardo non sono state mantenute
dai politici, ancora succubi della cultura indù che temono l’eventuale reazione dei
membri del Bharatiya Janata Party (Bjp), potente partito nazionalista indù. (L.P.)