Mons. Celata a Nagasaki a 67 anni dal bombardamento atomico
“La preghiera per le vittime di quell’orribile evento diventa un’implorazione a Dio
perché ci doni il bene della pace”: è quanto ha detto ieri l’arcivescovo Celata alla
celebrazione della Messa a Nagasaki per le vittime del bombardamento atomico del 9
agosto di 67 anni fa. Nel suo messaggio mons. Celata sottolinea il dono di partecipare
alla Messa con la popolazione della città che il bombardamento atomico colpì “indiscriminatamente
causando tanta morte, sofferenza e distruzione”. Nel messaggio anche un saluto a mons.
Joseph Takami Mitsuaki, arcivescovo metropolita di Nagasaki; l’arcivescovo Joseph
Chennot, nunzio apostolico in Giappone, sacerdoti, religiosi e religiose, fedeli e
altri amici di altre tradizioni religiose. Mons. Celata sottolinea che i “credenti
delle diverse religioni sono chiamati a collaborare con tutti nell’edificazione della
pace offrendo, in più, il contributo specifico delle loro tradizioni spirituali”.
A proposito di questo, spiega: che possono essere identificati “nei concetti di ‘compassione’,
‘misericordia’, ‘perdono’, ‘amore’: atteggiamenti che riflettono, pur nelle loro differenze,
la comune convinzione che tutti gli esseri umani appartengono all’unica famiglia umana
e partecipano dello stesso esito finale”.
Rivolgendosi poi in particolare ai
cristiani, mons. Celata afferma che “il dono della fede offre luce per comprendere
che solo in Dio la pace ha il suo fondamento ultimo e la concreta possibilità di realizzarsi”.
“Dio – spiega - è creatore e padre di tutti gli esseri umani, che egli chiama, quindi,
a vivere come fratelli. Questa fraternità ha avuto definitivo inizio in Gesù stesso
perché, morendo per amore nostro e risorgendo, egli ci ha riconciliati con il Padre
e tra noi”. E dunque sottolinea: “Gesù, pertanto, è la nostra pace e ci dona la vera
pace. Per questo, noi offriamo il suo Divino Sacrificio per implorare la pace attraverso
l’effusione del suo Spirito di amore” per poi pronunciare parole di incoraggiamento:
“La pace è dono suo affidato al nostro fattivo impegno”. Il Segretario emerito del
Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ricorda che “la testimonianza di
fedeltà a Dio e di amore verso i fratelli cristiani e non cristiani offerta dai Santi
e Beati Martiri di Nagasaki ci invita a guardare, con rinnovata adesione di fede,
alle tante vittime della barbarie della guerra nucleare”. E poi un appello: “pregare
ed operare perché la pace si affermi ovunque e con essa possa fiorire la vita vera”.
C’è
da dire che il Giappone commemora i morti di Nagasaki ancora in piena crisi nucleare
dopo la catastrofe della centrale di Fukushima provocata dal sisma/tsunami dell’11
marzo 2011. A parte la Messa, la città ne ha onorato la memoria con un minuto di silenzio
alla presenza del primo ministro e dei rappresentanti di 71 Paesi. La cerimonia si
è svolta vicino al punto dove gli Stati Uniti sganciarono la bomba, pochi giorni prima
della resa nipponica. “Per fare in modo che Nagasaki sia l’ultima città a essere attaccata
da un’arma nucleare”, ha detto il sindaco Tomihisa Taue, “l’uso di armi atomiche e
il loro sviluppo deve essere chiaramente proibito”. Da questa città che l’atomica
ha marchiato a fuoco, l’invito al governo a “stabilire nuovi obiettivi della politica
energetica per costruire una società libera dalla paura della radioattività”. (F.S.)