2012-08-09 14:18:15

Londra 2012. "Sconforto ma attenzione all'uomo", così don Lusek sulla vicenda Schwazer


Mancano due giorni alla fine delle Olimpiadi di Londra 2012. Il medagliere italiano si arricchisce di altri 3 bronzi, tra cui quello di Martina Grimaldi nella 10 km di nuoto di fondo. Il riconoscimento è stato dedicato dalla sportiva alla sua Regione, l’Emilia, duramente colpita dal recente sisma. Quinto posto "storico" nel K1 500mt femminile di canoa per Josefa Idem, 48 anni, che annuncia: “mi fermo qui”. Accanto alle immagini di gioia e felicità per le vittorie conseguite da tanti atleti, ci sono le lacrime del marciatore italiano Alex Schwazer che, in una conferenza stampa ha chiesto scusa per aver fatto uso di sostanze dopanti. Sulla vicenda Benedetta Capelli ha chiesto un commento a don Mario Lusek, cappellano della spedizione olimpica azzurra, raggiunto telefonicamente a Londra:RealAudioMP3

R. – Io credo che il buio sia sempre in agguato nel cuore dell’uomo. Ci sono momenti in cui si smarrisce quel senso di luce che magari si è portato avanti nel corso degli anni. Credo che Alex Schwazer abbia subito proprio questo. Ammirato da tutti, sicuramente anche invidiato, ma nello stesso tempo anche lui con le sue fragilità, con le sue ansie, con le sue paure. Questo ci fa dimenticare un aspetto che io amo sempre rimarcare: gli atleti che sono alle Olimpiadi in fondo sono giovani, con tutto quello che è tipico di una condizione giovanile. A volte non riescono a sopportare né il senso del limite né tantomeno la paura. Eppure la marcia poteva essere una metafora nell’evitare scorciatoie pericolose per arrivare a quelle mete per cui si è lottato e per cui ci si impegna. Quindi l’amarezza è la reazione più diffusa, l’amarezza e lo sconforto perché appunto la persona è ammirata ma nello stesso tempo anche la tenerezza, chiamiamola così, l’attenzione perché non vada perso l’uomo.

D. – Negli anni quante confessioni di debolezza ha raccolto?

R. – Senza quantificare… Ci sono confessioni di debolezza… Io ricordo qualcuno che voleva anche abbandonare l’esperienza perché all’origine c’era una situazione personale di tensione, di fragilità… Sono cose che vanno affrontate ma c’è bisogno di qualcuno con cui aprirsi e confidarsi. Penso che la figura del cappellano abbia anche questa funzione di vicinanza, di prossimità, di amicizia, e non solo di testimonianza di fede ma anche di compagnia. Io amo proprio rimarcare questo: c’è questa presenza e questa presenza va utilizzata anche per un confronto, per un dialogo, per un approfondimento, per ritrovare se stessi.

D. – Di contro dobbiamo ricordare le tante immagini di queste Olimpiadi di Londra. Per restare in Italia la determinazione di Josefa Idem ma anche gli abbracci, le strette di mano, tra persone diverse e lontane…

R. – Sicuramente quello che hai detto è verissimo, tra gli atleti italiani sono moltissime le immagini di questa festa continua che si sperimenta. La maggior parte delle esperienze sono state tutte altamente significative, anche dal punto di vista religioso, perché si sono incontrate persone con una ricerca veramente motivata e che, oltre a essere uomini di sport, sono uomini di fede. Ho in mente volti, persone, la stessa medaglia d’oro Daniele Molmenti ha voluto rimarcare la sua identità di friulano credente, di friulano cristiano. Il clima è quello della festa, della gioia, della convivialità, del stare gomito a gomito con le diversità e non sentirsi lontani ma sentirsi partecipi della stessa storia, della stessa avventura, con la stessa tensione interiore dentro.

D. – Che cosa lasceranno le Olimpiadi di Londra nel cuore degli atleti? Questi Giochi sono stati diversi dagli altri Giochi del passato?

R. - Erano contesti diversi. Io ho vissuto l’esperienza di Pechino che era totalmente diversa da questa perché era un mondo che si apriva agli altri mondi e quindi con tutte le paure di questo tipo di aperture. Qui siamo in una nazione, l’Inghilterra, dove addirittura siamo alla terza Olimpiade, con una tradizione alle spalle e quindi con un vissuto sportivo e con una multietnicità diffusa. Girando per Londra ci accorgiamo che è una città multietnica, pluriconfessionale, dove le differenze ci sono da tempo e forse il simbolo delle Olimpiadi è questo: la conferma che c’è un mondo globalizzato dove è possibile intendersi, capirsi, rispettarsi e trovare anche le strade di percorsi comuni.

Ultimo aggiornamento: 10 agosto







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