Giornata delle popolazioni indigene. Appello dell'Onu: maggiore sostegno ai loro diritti
Le Nazioni Unite sostengono le "popolazioni indigene e i loro mezzi di comunicazione".
E’ il messaggio del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, in occasione della Giornata
Internazionale per le Popolazioni Indigene del Mondo, celebrata ieri sul tema: “Media
indigeni, diamo più potere alle voci indigene”. La ricorrenza è un modo per rammentare
la condizione di 370 milioni di persone, circa il 5 per cento della popolazione mondiale.
Per conoscere quali passi sono stati fatti per il riconoscimento dei diritti degli
indigeni, Marco Guerra ha intervistato Luciano Ardesi, segretario della
Lega internazionale per i diritti e la liberazione dei popoli:
R. – L’adozione
della dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni è del settembre
2007. Possiamo dire che la situazione non è sostanzialmente cambiata, anche perché
i meccanismi che gli Stati avrebbero dovuto mettere in campo per promuovere questi
diritti, non sono mai stati attuati in modo concreto. La cosa più importante, sicuramente,
è quella di avere nelle Costituzioni dei Paesi degli articoli che chiedono il rispetto
dei diritti dei popoli indigeni come popoli originari di quegli Stati, e che quindi
abbiano piena cittadinanza e in più, naturalmente, il riconoscimento della particolarità
della propria cultura, della propria lingua, insieme all’accesso al sistema educativo
che possa però in qualche modo conservare le tradizioni di questi popoli.
D.
– Quest’anno, la Giornata è dedicata ai media che danno voce ai diritti di queste
popolazioni …
R. – La stessa dichiarazione del 2007 raccomanda che gli Stati,
i singoli Stati nei quali vivono i popoli indigeni, quindi i popoli originari, garantiscano
a questi stessi che possano esprimersi nella propria lingua, possano esprimere la
propria cultura anche attraverso i mass media. Quindi, promuovere i mass media che
siano espressione diretta della cultura e della lingua di questi popoli. Naturalmente,
sarà importante che anche i media internazionali rappresentino questi popoli in maniera
meno superficiale di quanto è stato fatto finora.
D. – Le Nazioni Unite mostrano
statistiche allarmanti. In alcuni Paesi gli indigeni hanno un’aspettativa di vita
vent’anni più breve rispetto ai loro connazionali, perché?
R. – I popoli indigeni
si trovano per loro natura in territori in genere emarginati dallo sviluppo economico
e sociale e quindi soffrono enormemente delle discriminazioni. Inoltre, l’altra caratteristica
è che gli Stati hanno scoraggiato in questi anni l’organizzazione di movimenti e di
associazioni che rappresentano i popoli indigeni, proprio per non avere a che fare
con una controparte forte. Questo naturalmente non ha sempre permesso ai popoli indigeni
di potersi esprimere e di poter rivendicare e ottenere i propri diritti. Questo è
vero soprattutto in alcuni Paesi come l’Africa o come l’Oceania, mentre in America
Latina la situazione è molto più favorevole, da questo punto di vista.
D. –
E’ possibile coniugare l’apertura ad alcune modernità senza rinunciare alla propria
identità?
R. – Questa è la grande sfida. Il popolo indigeno ha sempre affermato
che la propria cultura non è una cultura … ma è semplicemente l’espressione
di uno stato della popolazione integrata alla natura e alle condizioni di vita di
quel momento e ha sempre cercato, in qualche modo, di far capire che questa tradizione
non è in contrasto con la modernità. Quella tradizione è stata a suo tempo moderna
e questa tradizione, se lasciata nelle mani dei popoli indigeni, può essere un fattore
di evoluzione favorevole. Sappiamo che oggi anche nella cultura moderna elementi della
tradizione si sono perfettamente integrati e hanno costituito anche il secondo motore
della trasformazione delle nostre culture e delle nostre società; lo stesso chiedono
oggi i popoli indigeni, cioè di partecipare a questa grande trasformazione da protagonisti
e non subendo le trasformazioni che il sistema economico e sociale comporta con l’evoluzione
e col passare del tempo.
D. – Fra le minacce più incombenti c’è il crescente
furto di terre da parte dei grandi investitori?
R. - I popoli indigeni non
hanno titoli di proprietà sulle terre riconosciuti dal diritto moderno. Quindi, gli
Stati hanno la tendenza a proclamare terre statali terre che in realtà appartengono
a comunità indigene e poi per primi concedono questi territori a investitori stranieri.
Sappiamo che una buona parte delle concessioni di terre agli investitori stranieri
riguarda proprio i territori che storicamente appartengono alle comunità indigene
e che costituiscono l’elemento principale della loro sopravvivenza ma anche della
loro identità culturale e sociale.
D. – Difendere le popolazioni indigene significa
difendere il più grande patrimonio culturale del mondo?
R. – In fondo è quello
che abbiamo capito proprio a proposito ad esempio degli esseri viventi, della importanza
di conservare la biodiversità. Ebbene, anche la diversità culturale, anzi soprattutto
la diversità culturale, è un elemento di evoluzione e di progresso dell’umanità. Questo
non dovremmo mai dimenticarlo.