Egitto: Morsi rimuove i vertici della sicurezza dopo le violenze nel Sinai
In un colpo solo il presidente egiziano Mohamed Morsi ha rimosso dal loro incarico
i vertici nazionali della sicurezza e del Nord del Sinai, teatro negli ultimi mesi
di numerosi atti di violenza; l’ultimo in ordine di tempo, domenica scorsa, quando
un gruppo islamista ha ucciso 16 militari. Episodio al quale è, poi, seguito, ieri,
l’attacco dell’aviazione egiziana contro una roccaforte estremista, con l’uccisione
di 20 militanti. Un’area del Paese, insomma, il Sinai che si conferma fortemente destabilizzata;
ma il presidente Morsi riuscirà a ristabilire gli equilibri interni? Salvatore
Sabatino ne ha parlato con Giorgio Bernardelli, giornalista esperto di
questioni mediorientali:
R. - Riaffermare
il controllo da parte del governo egiziano su un’area come il Sinai che dalla caduta
di Mubarak è completamente fuori controllo, è uno dei passi decisivi per l’affermazione
della sua autorità all’interno dell’Egitto. Non dimentichiamo che oggi come oggi,
la leadership anche dei Fratelli Musulmani deve fare i conti con altre forze islamiste,
che cercano di far saltare quei delicati equilibri che si cercano di costruire al
Cairo. Insomma, è una partita decisiva per il presidente egiziano, e credo che su
questo, si giochi molte delle possibilità di stabilità nella regione. D. - Chi
ha l’interesse di far salire così la tensione nell’area? Nei giorni scorsi dai Fratelli
Musulmani -che è il partito di Morsi-, erano partite accuse nei confronti di Israele
...
R. - C’è un fatto che è reale, cioè questa ondata di violenze è scaturita
da una delle operazioni mirate, compiute dall’esercito israeliano a Gaza, che ha colpito
un leader delle forze di Al Qaeda all’interno della Striscia di Gaza, e quindi da
questo punto di vista, c’è un fondo di verità. Ma il punto è che comunque, Israele
o non Israele, la situazione della Penisola del Sinai è fuori controllo, è un problema
a sé. Al Qaeda ha guadagnato nel Sinai una roccaforte in questi mesi, e non ha alcuna
intenzione di vedersela sottrarre, perché si trova in una zona decisiva e anche perché
è suo interesse una penetrazione sempre maggiore nella Striscia di Gaza che, non dimentichiamo,
è l’altro anello debole della catena.
D. - C’è chi parla anche di legami con
la situazione in Siria, con gruppi che stanno cercando di infiammare il Paese, che
di fatto, ancora oggi, ricopre un importantissimo ruolo di stabilizzazione del Medio
Oriente ..
R. - Anche in questa analisi c’è una parte di verità, nel senso
che dobbiamo abituarci a guardare a quanto sta succedendo in Siria sempre di più,
non solo semplicemente come ad una guerra civile interna tra Assad e i suoi oppositori,
ma ad un conflitto regionale nel quale quelle che sono le diverse forze che puntano
ad avere il predominio sulla regione, si stanno combattendo per procura in un certo
senso. Per cui stiamo parlando dell’Iran, dell’Arabia Saudita, di queste forze qaediste,
ma anche della Turchia. L’Egitto, dal canto suo, è la cartina di tornasole della possibilità
di limitare quest’area di instabilità e di non infiammare l’intera regione.
D.
- Le tensioni in atto rischiano di far crollare anche l’industria del turismo. Ricordiamo
che proprio ai piedi del Sinai ci sono importanti località balneari sul Mar Rosso.
Far cadere questa industria, vuol dire colpire al cuore l’Egitto ...
R. - Certamente.
Questo è un altro dei motivi per cui è decisivo per il presidente Morsi riaffermare
la propria sovranità sull’intera Penisola del Sinai. Questa è un’altra delle ragioni
fondamentali, per cui oggi si combatte questa battaglia. Il Sinai è, comunque, vitale
dal punto di vista turistico per il futuro dell’Egitto, e senza le entrate del turismo,
l’Egitto non ha futuro.