2012-08-07 07:55:14

Siria: diserta il premier hijab. Attaccato il monastero di Mar Musa, gestito in passato da Padre Dall'Oglio


La Siria è sempre più un Paese martoriato. Si rincorrono le voci sulla morte di Assad, prontamente smentite dalla Russia, mentre ha fatto scalpore la diserzione del premier siriano Hijab (che, dopo essere passato con i ribelli, starebbe giungendo in Qatar. Il premier avrebbe anche parlato di un “genocidio” in corso in Siria. “Il regime ha i giorni contati” ha ribadito la Casa Bianca e intanto la violenza non si ferma, sono 155 i morti di ieri mentre gli insorti hanno annunciato la morte di 3 pellegrini iraniani, catturati sabato. Il servizio di Marina Calculli: 00:01:04:56
Dunque, sul terreno la situazione si sta facendo critica. Da giorni è su Aleppo che si concentra l’offensiva del regime ma molti soldati stanno passando con la rivolta antigovernativa. Proprio vicino ad Aleppo Amedeo Lomonaco ta raggiunto telefonicamente il giornalista Cristiano Tinazzi: 00:02:35:59
R. - Il governo siriano sta perdendo dei pezzi importanti. In questo momento, molti soldati stanno abbandonando l’esercito regolare e si stanno unendo ai ribelli. Chiaramente resta il nucleo duro dei soldati allawiti, che rimarranno fino alla fine con Assad, perché sanno che se cade Assad e se cade il governo, anche loro potrebbero fare una brutta fine.

D. - Attualmente ti trovi alle porte di Aleppo. Qual è la situazione?

R. - Sono in un paese, alla periferia di Aleppo, perché da qui partirà la brigata locale che si recherà ad Aleppo stanotte, verso mezzanotte. Andremo con loro, ma non si sa ancora in che quartiere di Aleppo, perché è tenuta segreta la notizia. Ci poteranno in città, dove rimarremo due giorni.
D. - Quindi c’è un movimento da parte di abitanti di vari paesi, che confluiranno verso Aleppo?

R. - Sì, da ogni zona sunnita e da ogni paese che è sotto controllo dei ribelli stanno partendo per andare ad Aleppo e poi confluiscono in città.

D. - Si ha la sensazione che queste siano ore cruciali?

R. - Sì, anche se dicono comunque che la battaglia potrebbe durare settimane. Certamente, qui c’è molto ottimismo, anche se a me sembra quasi impossibile che delle persone che vanno con armi leggere, senza protezioni, contro le cannonate possano riuscire a farcela… Però tutto è possibile!

D. - Quindi la vera arma in più sono lo sfaldamento del governo e le diserzioni?

R. - Sì, perché comunque contano sul morale dell’esercito. Ho parlato anche oggi con un soldato - un comandante di un carro armato - che si è unito alla guerriglia e che mi diceva: “Sono entrato nell’esercito per difendere il popolo e non per sparare sul popolo!. Questa è una cosa che molti di noi non sono riusciti ad accettare. Tanti non sono riusciti a scappare, perché non hanno trovato l’occasione, ma spesso quando i soldati vanno in licenza non tornano più nelle basi”.

D. - Tu hai assistito anche ad altre situazione analoghe, come in Libia. Trovi delle analogie o delle differenze?

R. - Ci sono delle analogie, perché sicuramente la maggior parte dei combattenti sono giovani: qui c’è una presenza discreta di combattenti stranieri, che sono venuti dalla Libia e da altri Paesi a combattere, ma il 90 per cento sono siriani. Sono siriani che vogliono un Paese nuovo, che vogliono la libertà e cercano di combattere un regime che ormai è tirannico. Mi è capitato anche di assistere a bombardamenti su abitazioni private e si tratta anche di un villaggio che non era ostile! Sembra quasi che l’esercito governativo spari alla rinfusa, quasi a punire collettivamente le comunità che si sono ribellate… Ci sono, però, differenze sul campo degli armamenti rispetto alla Libia, perché qui non sono presenti gli Stati occidentali. Chiaramente non c’è copertura aerea e i soldati dell’esercito libero hanno armi leggere, qualche tank che hanno rubato alle forze governative, ma non ci sono armamenti che possano abbattere elicotteri caccia.










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