2012-08-07 12:23:15

Londra 2012: l'ombra del doping sulle Olimpiadi, squalificati due atleti


Proseguono i Giochi di Londra 2012 tra medaglie assegnate e da assegnare. Ma l'ombra del doping è calata sulle Olimpiadi. Due, infatti, gli atleti fermati per l'assunzione di sostanze dopanti: il judoka statunitense Nicholas Delpopolo e il marciatore italiano Alex Schwarzer, risultato positivo all'epo. Grande il clamore per quest'ultima espulsione dai Giochi anche perchè Schwarzer è il campione olimpico in carica della 50 km di marcia. Benedetta Capelli ha raccolto il commento del prof. Antonio Dal Monte, già direttore dell’Istituto di scienza dello sport del Coni:RealAudioMP3

R. - E’ difficile pensare che un ragazzo intelligente, bravo e abile possa pensare di cavarsela, in prossimità delle Olimpiadi, con i controlli antidoping per una sostanza nota e che oggi si rintraccia con grande facilità. Per cui è una follia, oltre che un’imperdonabile "leggerezza", ma in realtà è dolo grave nei riguardi dello sport.

D. - C’è sempre e solo una debolezza umana dietro questo ricorrere al doping?

R. - Le ragioni sono tante. Qualcuno ha anche ipotizzato ragioni economiche: ma questo non è vero, perché certe volte si dopano anche dei "vecchietti" che vincono - che so io - un caffè al bar con gli amici. Quindi la voglia di vincere è tale che prevale anche sulla conservazione della salute, perché molte di queste sostanze che sono degli eccellenti salvavita in caso di malattie gravi, diventano pericolosissime se sono adoperate in soggetti che non ne hanno bisogno. Scartiamo, quindi, la ragione economica. La voglia di vincere e la paura di sentirsi deboli o troppo deboli per i risultati e per i test fatti durante gli allenamenti possono convincere un ragazzo a tentare questa strada. Il fatto di sottoporsi a questo significa o avere pochissima fiducia nei controllori o voler rischiare in modo del tutto inconsulto!

D. - Professore, ci spiega quali sono gli effetti dell’assunzione dell’epo?

R. - E' un po’ come quello di mettere in un motore un turbo: in altri termini si tratta di dare più ossigeno ai muscoli che lavorano oppure introdurre nell’organismo un litro o un litro e mezzo di sangue in più.

D. - Lei è storicamente impegnato nella lotta al doping, ritiene che negli ultimi anni sia cresciuta la sensibilità verso questa battaglia oppure c’è ancora molto da lavorare?

R. - Le darò una risposta indiretta. Nelle Olimpiadi di qualche decennio fa, c’era il "doping di Stato" da parte della Ddr e di altri Paesi e si vedevano degli “esseri mostruosi”, che erano le leggiadre fanciulle che facevano degli sport di potenza e che assumevano quantitativi enormi di ormoni. Oggi alle Olimpiadi, anche gli stessi sport dove apparivano questi “mostri” sono praticati da "ragazzone", ma "ragazzone" anche graziose. Quindi sono scomparsi questi soggetti che erano nati da sofisticazione in laboratorio.

D. - In queste Olimpiadi di Londra c’è stata un’accesa polemica tra Stati Uniti e Cina: ritiene che, per quanto riguarda Pechino, sul fronte del doping qualche dubbio possa venire?

R. - I dubbi vengono quando si vedono delle prestazioni che escono da quelle che sono le previsioni. Però non dimentichiamoci che, anche senza l’uso del doping, la scienza dell’allenamento e una selezione fra gruppi di popolazione molto numerosa hanno fatto crescere le velocità degli atleti in modo mostruoso. Pensate che oggi ragazzine meno che adolescenti fanno dei tempi che i maschi facevano - sì e no - nelle Olimpiadi di decenni fa. Quindi anche in piena correttezza, le velocità raggiunte dagli atleti sono cresciute enormemente. Possiamo dire che gli allenamenti hanno mostrato dei limiti negli atleti che gli scienziati di laboratorio, me compreso, avevano considerato non raggiungibili.







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