Londra 2012: l'ombra del doping sulle Olimpiadi, squalificati due atleti
Proseguono i Giochi di Londra 2012 tra medaglie assegnate e da assegnare. Ma l'ombra
del doping è calata sulle Olimpiadi. Due, infatti, gli atleti fermati per l'assunzione
di sostanze dopanti: il judoka statunitense Nicholas Delpopolo e il marciatore italiano
Alex Schwarzer, risultato positivo all'epo. Grande il clamore per quest'ultima espulsione
dai Giochi anche perchè Schwarzer è il campione olimpico in carica della 50 km di
marcia. Benedetta Capelli ha raccolto il commento del prof. Antonio Dal
Monte, già direttore dell’Istituto di scienza dello sport del Coni:
R. - E’ difficile
pensare che un ragazzo intelligente, bravo e abile possa pensare di cavarsela, in
prossimità delle Olimpiadi, con i controlli antidoping per una sostanza nota e che
oggi si rintraccia con grande facilità. Per cui è una follia, oltre che un’imperdonabile
"leggerezza", ma in realtà è dolo grave nei riguardi dello sport.
D. - C’è
sempre e solo una debolezza umana dietro questo ricorrere al doping?
R. - Le
ragioni sono tante. Qualcuno ha anche ipotizzato ragioni economiche: ma questo non
è vero, perché certe volte si dopano anche dei "vecchietti" che vincono - che so io
- un caffè al bar con gli amici. Quindi la voglia di vincere è tale che prevale anche
sulla conservazione della salute, perché molte di queste sostanze che sono degli eccellenti
salvavita in caso di malattie gravi, diventano pericolosissime se sono adoperate in
soggetti che non ne hanno bisogno. Scartiamo, quindi, la ragione economica. La voglia
di vincere e la paura di sentirsi deboli o troppo deboli per i risultati e per i test
fatti durante gli allenamenti possono convincere un ragazzo a tentare questa strada.
Il fatto di sottoporsi a questo significa o avere pochissima fiducia nei controllori
o voler rischiare in modo del tutto inconsulto!
D. - Professore, ci spiega
quali sono gli effetti dell’assunzione dell’epo?
R. - E' un po’ come quello
di mettere in un motore un turbo: in altri termini si tratta di dare più ossigeno
ai muscoli che lavorano oppure introdurre nell’organismo un litro o un litro e mezzo
di sangue in più.
D. - Lei è storicamente impegnato nella lotta al doping,
ritiene che negli ultimi anni sia cresciuta la sensibilità verso questa battaglia
oppure c’è ancora molto da lavorare?
R. - Le darò una risposta indiretta. Nelle
Olimpiadi di qualche decennio fa, c’era il "doping di Stato" da parte della Ddr e
di altri Paesi e si vedevano degli “esseri mostruosi”, che erano le leggiadre fanciulle
che facevano degli sport di potenza e che assumevano quantitativi enormi di ormoni.
Oggi alle Olimpiadi, anche gli stessi sport dove apparivano questi “mostri” sono praticati
da "ragazzone", ma "ragazzone" anche graziose. Quindi sono scomparsi questi soggetti
che erano nati da sofisticazione in laboratorio.
D. - In queste Olimpiadi
di Londra c’è stata un’accesa polemica tra Stati Uniti e Cina: ritiene che, per quanto
riguarda Pechino, sul fronte del doping qualche dubbio possa venire?
R. - I
dubbi vengono quando si vedono delle prestazioni che escono da quelle che sono le
previsioni. Però non dimentichiamoci che, anche senza l’uso del doping, la scienza
dell’allenamento e una selezione fra gruppi di popolazione molto numerosa hanno fatto
crescere le velocità degli atleti in modo mostruoso. Pensate che oggi ragazzine meno
che adolescenti fanno dei tempi che i maschi facevano - sì e no - nelle Olimpiadi
di decenni fa. Quindi anche in piena correttezza, le velocità raggiunte dagli atleti
sono cresciute enormemente. Possiamo dire che gli allenamenti hanno mostrato dei limiti
negli atleti che gli scienziati di laboratorio, me compreso, avevano considerato non
raggiungibili.