2012-08-06 19:35:06

Siria: diserta il premier. Scontri ad Aleppo con decine di vittime


In Siria è in corso un genocidio. Il Paese sta vivendo il suo periodo più difficile, con crimini di guerra e barbari omicidi. Queste le parole con cui il premier siriano Rihad Hijab, dopo essere fuggito dal Paese, ha annunciato la propria adesione alla rivolta contro il regime di Damasco. Il servizio di Amedeo Lomonaco: RealAudioMP3

La defezione del premier siriano – ha detto il ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi - dimostra “il progressivo isolamento del presidente Assad” ed è un
segnale chiaro “di quanto la violenza verso il suo stesso popolo stia spingendo il regime su un percorso di inesorabile implosione”. Per il portavoce della Casa Bianca il regime sta perdendo la presa e sta vacillando. Dal governo siriano arrivano altri segnali di cedimento. Avrebbe cercato di disertare anche il ministro delle finanze Jleilati che, secondo fonti dell’opposizione, sarebbe stato arrestato prima della fuga. Il regime cerca comunque di ricompattarsi ed il presidente Assad, che di ora in ora vede crescere di numero e di livello la schiera dei dissidenti, ha designato premier ad interim Ghalawanji, già ministro delle amministrazioni locali. Il Paese continua, intanto, ad essere scosso da violenze. Gli insorti hanno affermato che tre dei 48 ostaggi iraniani, rapiti ieri alle porte della capitale, sono morti in seguito a bombardamenti governativi. Ad Aleppo, città assediata da 20 mila soldati, sono decine le vittime. Si combatte anche a Damasco, dove questa mattina un’esplosione ha devastato il terzo piano dell'edificio che ospita la sede della televisione di Stato. Uomini armati hanno infine saccheggiato il monastero il di Mar Musa, a nord di Damasco, senza causare vittime.

La defezione del premier e le continue diserzioni sono un duro colpo per il regime di Damasco. Molti soldati stanno aderendo alla rivolta antigovernativa, come sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco il giornalista Cristiano Tinazzi che si trova in Siria, non lontano dalla città di Aleppo: RealAudioMP3

R. - Il governo siriano sta perdendo dei pezzi importanti. In questo momento, molti soldati stanno abbandonando l’esercito regolare e si stanno unendo ai ribelli. Chiaramente resta il nucleo duro dei soldati allawiti, che rimarranno fino alla fine con Assad, perché sanno che se cade Assad e se cade il governo, anche loro potrebbero fare una brutta fine.

D. - Attualmente ti trovi alle porte di Aleppo. Qual è la situazione?

R. - Sono in un paese, alla periferia di Aleppo, perché da qui partirà la brigata locale che si recherà ad Aleppo stanotte, verso mezzanotte. Andremo con loro, ma non si sa ancora in che quartiere di Aleppo, perché è tenuta segreta la notizia. Ci poteranno in città, dove rimarremo due giorni.

D. - Quindi c’è un movimento da parte di abitanti di vari paesi, che confluiranno verso Aleppo?

R. - Sì, da ogni zona sunnita e da ogni paese che è sotto controllo dei ribelli stanno partendo per andare ad Aleppo e poi confluiscono in città.

D. - Si ha la sensazione che queste siano ore cruciali?

R. - Sì, anche se dicono comunque che la battaglia potrebbe durare settimane. Certamente, qui c’è molto ottimismo, anche se a me sembra quasi impossibile che delle persone che vanno con armi leggere, senza protezioni, contro le cannonate possano riuscire a farcela… Però tutto è possibile!

D. - Quindi la vera arma in più sono lo sfaldamento del governo e le diserzioni?

R. - Sì, perché comunque contano sul morale dell’esercito. Ho parlato anche oggi con un soldato - un comandante di un carro armato - che si è unito alla guerriglia e che mi diceva: “Sono entrato nell’esercito per difendere il popolo e non per sparare sul popolo!. Questa è una cosa che molti di noi non sono riusciti ad accettare. Tanti non sono riusciti a scappare, perché non hanno trovato l’occasione, ma spesso quando i soldati vanno in licenza non tornano più nelle basi”.

D. - Tu hai assistito anche ad altre situazione analoghe, come in Libia. Trovi delle analogie o delle differenze?

R. - Ci sono delle analogie, perché sicuramente la maggior parte dei combattenti sono giovani: qui c’è una presenza discreta di combattenti stranieri, che sono venuti dalla Libia e da altri Paesi a combattere, ma il 90 per cento sono siriani. Sono siriani che vogliono un Paese nuovo, che vogliono la libertà e cercano di combattere un regime che ormai è tirannico. Mi è capitato anche di assistere a bombardamenti su abitazioni private e si tratta anche di un villaggio che non era ostile! Sembra quasi che l’esercito governativo spari alla rinfusa, quasi a punire collettivamente le comunità che si sono ribellate… Ci sono, però, differenze sul campo degli armamenti rispetto alla Libia, perché qui non sono presenti gli Stati occidentali. Chiaramente non c’è copertura aerea e i soldati dell’esercito libero hanno armi leggere, qualche tank che hanno rubato alle forze governative, ma non ci sono armamenti che possano abbattere elicotteri caccia.








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