Hiroshima ricorda il bombardamento atomico di 67 anni fa. Archivio Disarmo: il pericolo
nucleare non è finito
La città giapponese di Hiroshima ha ricordato oggi il bombardamento atomico di 67
anni fa. I morti furono oltre 250mila e tre giorni dopo altre migliaia di vittime
si registrarono nel bombardamento di Nagasaki. Di “orrendo delitto” ha parlato l’arcivescovo
Pier Luigi Celata, segretario emerito del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso,
nella Messa celebrata ieri nella cattedrale di Hiroshima, in memoria delle vittime
della bomba. Ma cosa resta di quanto accaduto allora? Benedetta Capelli lo
ha chiesto a Maurizio Simoncelli, vice-presidente di Archivio Disarmo:
R. – Resta il
fatto che da due bombe fatte esplodere nell’agosto 1945, oggi ce ne troviamo 19.000
circa; resta il fatto che l’umanità comunque è minacciata da una disponibilità di
armi nucleari infinitamente superiore a quello che si potesse immaginare; resta il
fatto che, effettivamente, rispetto agli anni della Guerra fredda, siamo andati diminuendo
enormemente questi arsenali. Rimane il fatto che il Trattato di non proliferazione
nucleare, che era stato ideato ormai più di 40 anni fa per porre da un lato un argine
alla corsa agli armamenti nucleari, e dall’altro lato per procedere effettivamente
anche ad un disarmo, questo Trattato non è più – come dire – adeguato ai tempi, perché
se da un lato effettivamente una riduzione del numero delle testate c’è stato, abbiamo
visto però che in questi anni alcuni Paesi si sono dotati di queste armi nucleari
rimanendo al di fuori del Trattato di non proliferazione, come Israele, come il Pakistan,
come l’India, come la Corea del Nord … Si teme che altri Paesi vogliano fare la stessa
cosa – pensiamo all’Iran …
D. – Tra l’altro, c’è un’incognita pesante, che
è quella che riguarda la Corea del Nord di cui non si dispongono dati …
R.
– Sì, non si dispongono dati; si stima – almeno da parte degli esperti – che possa
avere due-tre testate nucleari. Ad oggi, gli esperimenti che la Corea del Nord ha
fatto in questo ambito lanciando dei missili, peraltro sono stati tutti fallimentari.
Sono passati ormai quasi 60 anni dalla vicenda di Hiroshima e Nagasaki e l’umanità
ancora non è riuscita a risolvere e ad affrontare in senso pacifico la questione dell’arma
nucleare, anzi, si continua a fare affidamento su questa; anzi, addirittura anche
armi nucleari di tipo tattico, da usare su un teatro relativamente ristretto, non
intercontinentale – come le bombe B61 che sono depositate in Germania, in Italia e
in Turchia – verranno progressivamente modernizzate proprio per far sì che possano
essere utilizzate, possano essere pienamente inserite all’interno delle strategie
di sicurezza occidentali.
D. – Qualche tempo fa si è chiusa la conferenza Onu
sul commercio delle armi: anche qui un fallimento, riflesso di sempre uguali divisioni
nella comunità internazionale. In cosa sperare, allora, se anche su questo non troviamo
un accordo?
R. – La grande novità di questi anni è la capacità della società
civile di far sentire la sua voce. Infatti, abbiamo visto che i governi lasciati a
se stessi, nel chiuso delle stanze degli esperti, non riescono ad uscir fuori da queste
logiche. Se di fronte al fallimento della Conferenza di New York sul commercio delle
armi convenzionali dobbiamo prenderne atto, dobbiamo anche considerare che questa
Conferenza è stata imposta dalla società civile che ha costretto i governi di tutto
il mondo ad affrontare questo tema. E questo è già un grande risultato! Tanto è stato
fatto: ricordiamo, ad esempio, la vicenda delle mine antiuomo, la cui produzione e
commercio mondiale sono stati vietati in seguito ad una grande mobilitazione internazionale,
come anche le cluster bombs. Dobbiamo pensare che dobbiamo continuare
a premere in questa prospettiva.