2012-08-05 08:10:09

Caritas in prima linea per aiutare i "nuovi poveri", la testimonianza di mons. Feroci


Nella prima metà del 2012 gli uffici della Caritas diocesana di Roma hanno registrato un aumento delle e-mail, provenienti dalla Capitale e dalla provincia, contenenti richieste d'aiuto. Disoccupati disperati, pensionati indigenti, mamme che non hanno i mezzi per allevare i propri figli. E' la fotografia di una città afflitta dalla crisi economica alla quale la Caritas romana risponde con un incremento di solidarietà, come spiega il suo direttore, mons. Enrico Feroci, al microfono di Fabio Colagrande:RealAudioMP3

R. - Sono aumentati non solamente i poveri, quelli che sono per strada, quelli che – con una parola brutta – chiamiamo “barboni”, ma sono aumentati i disagi delle famiglie, delle persone che hanno una certa cultura... Abbiamo voluto far comprendere come oggi - qui nella nostra direzione Caritas - arrivano non solamente lettere scritte a mano da persone che magari non sanno bene l’italiano, ma arrivano tantissime e-mail di persone singole, di famiglie, di donne, donne sole che ci chiedono aiuti per la casa, per la famiglia perché non riescono ad arrivare alla fine del mese, ma soprattutto per i bambini. E’ toccante una e-mail di una signora che diceva proprio questo: "Vorrei avere la possibilità di poter dare un pasticcino a mio figlio per il giorno del suo compleanno", "vorrei avere il latte per mio figlio piccolo". Sono cose che ti lasciano veramente senza parole, sconcertato, perché oltretutto le difficoltà sono tante. E' difficile rispondere in maniera adeguata a queste grandi esigenze e bisogni.

D. – Il genere di utenti che si rivolgono ai vostri centri di ascolto, dunque, è molto vario…

R. – Molto, molto vario. La fila delle persone che vengono a chiedere cibo si è allungata ed ingrandita. Proprio questa mattina, una giornalista ci ha inviato una persona anziana che ci chiedeva aiuto: "Per me e per mia figlia, non abbiamo nulla da mangiare aiutateci". Sono gli anziani soprattutto a chiedere aiuto, quelli che rimangono soli, che rimangono direi quasi murati dentro le proprie case, i propri ambienti. Questo è quello che vorremmo sottolineare.

D. – Come cercate concretamente di rispondere a questo tipo di richieste?

R. – Abbiamo intensificato il più possibile i pasti distribuiti, poi i pernottamenti… La cosa bella che vorrei dire - e ringrazio il Signore per questo – è che durante l’estate, nonostante le ferie, ci sono tante persone che impegnano alcuni dei loro giorni per mettersi a disposizione dei poveri. A Roma, abbiamo messo in piedi una foresteria e ne stiamo mettendo in piedi un’altra, per accogliere gruppi di giovani che vengono da tutta Italia, anche dall’estero. Trascorrono una settimana a Roma e si mettono a servizio delle nostre mense. Questo mi sembra che possa aiutare le persone a rendersi conto che ci sono questi problemi e questo deve diventare anche il nostro primo impegno. Io credo che l’opera della Chiesa di Roma è solo un segno - forse anche insufficiente – però noi dobbiamo assolutamente esser persone che sanno dire agli altri che: “Se tutti ci rimbocchiamo le maniche, se tutti spezziamo il nostro pane, molta più gente mangia e molta più gente sta bene”. Dovremmo, quindi, continuamente gridare: "Aprite gli occhi. Guardatevi intorno, rendetevi conto di quello che succede, non solamente quello che luccica". C’è anche altro e dentro quest’altro c’è un’umanità di una ricchezza straordinaria. Chi riesce a penetrare il cuore dei poveri si rende conto di quanta ricchezza c’è dentro il loro cuore e quanto ci fa bene riflettere – a noi che non abbiamo queste difficoltà – su quello che è la difficoltà degli altri.







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