L’arcivescovo di New York: le autorità ci danno un altro anno prima di violare le
nostre coscienze
Ci sarà un anno di tempo per trovare una mediazione: per ora, le istituzioni e le
organizzazioni religiose degli Stati Uniti (considerate, tuttavia, tali sulla base
di alcune restrittive caratteristiche, dichiarate dalle stesse autorità federali)
non sono obbligate a rispettate le nuove direttive sanitarie, entrate in vigore il
primo agosto. Queste – ricorda L’Osservatore Romano - prevedono l’adeguamento dei
piani di assistenza coperti dalle assicurazioni private che devono essere garantite
da tutti i datori di lavoro, nell’ambito dei quali sono inclusi anche l’utilizzo di
farmaci abortivi e il ricorso a interventi di sterilizzazione. Si tratta di una politica
che, secondo le intenzioni del Governo, punta ad agevolare l’accesso ai servizi di
cura e di prevenzione per le donne, ma che in realtà per i vescovi cattolici nasconde
una maggiore facilità di ricorso alle pratiche abortive. La questione dunque resta
ancora aperta e sia l’episcopato cattolico sia tutta le rete dell’associazionismo
che lo sostiene stanno conducendo una forte campagna di pressione affinché sia garantito
il rispetto della libertà religiosa e la tutela dei diritti di coloro che si oppongono
alle pratiche abortive. Il Governo nei mesi scorsi aveva annunciato che le organizzazioni
religiose avranno tempo fino al 2013 per mettersi in regola con le nuove direttive,
che per tutte le altre istituzioni non religiose valgono quindi a partire da ieri.
L’annuncio era stato accolto dai vescovi come «una decisione sconsiderata». In un
comunicato, il presidente, l’arcivescovo di New York, il cardinale Timothy Michael
Dolan, ha sottolineato che «l’amministrazione ci sta dicendo che abbiamo un anno di
tempo per trovare un modo per violare le nostre coscienze». La notizia dell’entrata
in vigore ha avuto ampio risalto sui media, in relazione proprio alle polemiche scatenate.
Vari commenti hanno posto in risalto che, comunque, milioni di cittadini vivono ora
una difficile situazione. Come ha osservato, tra gli altri, il direttore di Conscience
Cause, un’organizzazione no profit che si batte per il rispetto della libertà religiosa,
«molti datori di lavoro si trovano di fronte a una scelta inimmaginabile»: ovvero
negare i propri convincimenti morali e religiosi, oppure pagare multe molto salate.
In aggiunta, il presidente di Catholic Advocate, Matt Smith — un’organizzazione che
incoraggia i cattolici a essere fedeli all’insegnamento della Chiesa, attraverso il
loro impegno sociale e politico — ha evidenziato che «il 1 agosto sarà ricordato come
il giorno in cui la nostra più cara libertà, quella religiosa, è stata gettata via».
Le autorità, ha osservato ancora, «non saranno mai in grado di porre rimedio ai problemi
di coscienza creati ai cittadini fino a quando non porranno termine al mandato che
contiene le direttive». Tra le istituzioni religiose coinvolte vi sono anche le università:
i piani assicurativi, infatti, coinvolgono la popolazione studentesca. Alcune di queste
istituzioni, come l’University of Notre Dame e la Catholic University of America stanno
sostenendo peraltro dei ricorsi contro i piani assicurativi voluti dal Governo. Negli
atenei, anche non affiliati a organizzazioni religiose, la politica adottata dalle
autorità sta suscitando vive discussioni tra gli studenti, come nel caso per esempio
citato dall’agenzia Reuters, della Georgetown University.Nei giorni scorsi una sentenza
di un tribunale in Colorado, che ha suscitato una ampio eco, aveva stabilito che un’azienda
gestita da una famiglia, nel caso in questione di fede cattolica, non può essere costretta
a violare i propri convincimenti morali e religiosi in relazione ai piani assicurativi
privati per i propri dipendenti. La Hercules Industries, è il nome dell’azienda, aveva
infatti fatto ricorso contro le nuove direttive stabilite dal Governo. In un recente
commento, il vice presidente dell’azienda, Andy Newland, ha ribadito che le direttive
«sembrano contraddire l’idea di un’America, come Paese creato per la libertà religiosa».
Per chiunque, ha aggiunto, «è stato chiamato a compromettere i propri principi, la
parola frustrazione è un eufemismo. Noi abbiamo impiegato cinquant’anni per realizzare
la nostra impresa nel rispetto forte della legalità; mentre ora il Governo dice di
compromettersi in ciò in cui si crede, oppure di pagare una multa».