Siria. I ribelli bombardano Aleppo. Allarme Fao: 3 milioni di civili hanno bisogno
di aiuti
E’ emergenza umanitaria in Siria. La Fao ha lanciato un allarme per la popolazione
del Paese: un milione di civili ha bisogno di aiuti per l'agricoltura quindi di sementi,
cibo per animali e carburante. Entro un anno – aggiunge l’organizzazione delle Nazioni
Unite – il numero potrebbe salire a tre milioni. Pesanti le perdite del settore: meno
1,5 miliardi di euro. Intanto, secondo i ribelli, sarebbero una quarantina le vittime
di un raid aereo condotto oggi dalle forze di sicurezza siriane vicino a Damasco.
Gli stessi insorti hanno bombardato stamane l'aeroporto militare di Menagh, 30 chilometri
a nord-est di Aleppo, da dove decollano gli elicotteri e i caccia delle forze fedeli
ad Assad. Una situazione difficile che sta costringendo migliaia di siriani ad abbandonare
il Paese. Benedetta Capelli ha raccolto la testimonianza di Wael Suleiman,
direttore di Caritas Giordania, raggiunto telefonicamente al confine con la Siria:
R. – Adesso
mi trovo a Mafraq, dove ormai da sei mesi arrivano i siriani che stanno continuando
a scappare dalla Siria: è proprio vicino alla frontiera siriana. In quella zona abbiamo
costituito due centri Caritas per ricevere i siriani e per aiutarli.
D. –
Di quanti profughi siriani stiamo parlando?
R. – In tutta la Giordania parliamo
di 165 mila siriani: noi come Caritas – finora - ci stiamo occupando di circa 25 mila
siriani e, con i nostri partner, stiamo cercando di aiutarli quotidianamente.
D.
– Cosa raccontano i profughi siriani e soprattutto di cosa hanno bisogno?
R.
– Di sicuro non parlano di cose politiche, forse perché hanno paura o forse perché
arrivano da un regime che non ha mai dato loro la possibilità di parlare e anche –
forse – di pensare. Vengono qui e chiedono soltanto aiuti umanitari: chiedono tutto,
perché sono famiglie con bambini, famiglie numerose. Chiedono cibo, chiedono aiuto
per trovare una casa in affitto e per essere aiutati ad inserire i bambini nelle scuole…
Tutto, chiedono tutto, perché non hanno niente! Sono venuti con le loro macchine,
ma senza niente…
D. – Le famiglie giordane hanno dato prova di grande generosità,
accogliendo i profughi nelle loro case. Un gesto, questo, molto importante…
R.
– Sì, è vero. Il popolo giordano ha vissuto questa esperienza negli ultimi 60 anni:
prima con i palestinesi, nell’82 con i libanesi, nel ‘91 con gli iracheni e adesso
con i siriani. La cosa più bella è certamente la solidarietà, che il popolo giordano
ha nella sua cultura e che ha dimostrato aprendo le case. Certo, c’è anche qualcuno
che approfitta della situazione e affitta degli alloggi ma è anche vero che il Paese,
economicamente parlando, sta passando anche un momento difficile. Ma hanno comunque
aperto le loro case.
D. – Le autorità hanno aiutato queste famiglie? C’è stato
un sostegno anche da questo punto di vista?
R. – Adesso il governo è riuscito
almeno a dare il permesso a tutte le Ong del mondo per venire e aiutare i siriani.
Tre-quattro giorni fa ha anche aperto il primo campo per i profughi siriani, che ha
tutti i servizi, compresi quelli sanitari. Questo campo riesce ad accogliere 100 mila
siriani.
D. – In qualità di direttore di Caritas Giordania, vuole lanciare
un appello?
R. – Sì. Adesso stiamo lavorando con i nostri di Caritas Internationalis
e altre Caritas del mondo: io posso solo ringraziare tutti i nostri partner – Caritas
Internationalis e certo la Chiesa universale – perché tutti hanno aiutato Caritas
Giordania ad implementare i propri progetti. Finora siamo riusciti ad aiutare 25 mila
persone.