2012-08-02 19:51:59

NIGERIA. Il vescovo di Sokoto: Ci sono solo bande criminali dietro alle violenze in Nigeria


In un'intervista a Oasis il vescovo di Sokoto, Matthew Hassan Kukah, smentisce la tesi del conflitto interreligioso

SOKOTO - «Non abbiamo mai avuto una crisi religiosa o una crisi derivata da cristiani o musulmani in lotta su questioni religiose», ha dichiarato monsignor Matthew Hassan Kukah, vescovo di Sokoto, Nigeria, nel corso di un’intervista di Marialaura Conte pubblicata nei giorni scorsi sul sito della Fondazione Oasis e ripresa dall’Osservatore Romano. Per il presule nigeriano «i problemi della Nigeria, soprattutto la terribile violenza, non hanno niente a che vedere con la religione. Qui, i problemi nascono dalla cattiva gestione delle risorse del Paese e dall’incapacità del Governo di controllare la situazione». Secondo il vescovo della diocesi di Sokoto, il cui territorio comprende la parte Nord Ovest della Nigeria «non è corretto presentare i problemi d’oggi come conflitti tra religioni».
A proposito dell’attuale situazione che ha visto l’estendersi del conflitto dalla regione del Delta fino a quella di Sokoto, il presule ha affermato che «è un errore pensare che tutto ciò sia nato soltanto un paio d’anni fa». Facendo una breve cronologia degli scontri, monsignor Kukah ha sottolineato che «prima di Boko Haram, abbiamo avuto altre simili violenze nella regione del Delta del Niger. Prima ancora, altre violenze della stessa natura nel Sud Est. Questa situazione ha caratterizzato gli ultimi vent’anni o più, solo che la natura e il contesto continuano a cambiare».
Per quanto riguarda il gruppo terroristico protagonista dei recenti attentati nella sua diocesi, il vescovo di Sokoto ha precisato che «Boko Haram è un fenomeno nuovo ed estraneo. Non ha niente a che fare con la religione, con i cristiani o con i musulmani. Il fatto che loro attacchino le chiese con una violenza fuori del comune, induce i media a pensare che siano contro i cristiani. Ma non è vero. Uccidono cristiani, ma uccidono anche donne e bambini, sia cristiani che musulmani. Sono dei criminali che attaccano le chiese, le sedi dei media, le stazioni di polizia, i mercati... non fanno differenze». Sul linguaggio di tipo religioso che i terroristi usano nei comunicati per rivendicare gli attentati il presule ha notato che «la sola appropriazione di tale linguaggio non rende la loro una criminalità religiosa, sotto nessun’aspetto. Tanto è vero che hanno attaccato leader e istituzioni musulmane, hanno ucciso migliaia di musulmani, certamente molti di più dei cristiani, se usiamo questa espressione. In quasi tutte le circostanze in cui i cristiani sono stati attaccati, anche molti musulmani e civili sono morti». Sulle prospettive di trovare una via d’uscita alla crisi attuale, per il presule «la classe politica deve essere incoraggiata a trovare una soluzione a ciò che è chiaramente un problema politico e non religioso. I leader delle comunità, non necessariamente leader religiosi, devono essere incoraggiati a farsi carico della situazione e impegnarsi in iniziative il cui scopo sia unificare le comunità. Se questo succedesse, si contribuirebbe a edificare la fiducia pubblica, poiché non vi potrà essere una soluzione di tipo militare, dato che la presenza militare esalta soltanto la violenza». Sull’andamento della vita quotidiano nella diocesi di Sokoto, monsignor Kukah ha affermato che «anche se può sembrare strano, qui la situazione è piuttosto pacifica. Ho incoraggiato la gente a rimanere in allerta, ma abbiamo deciso di non cambiare le abitudini, come gli orari delle messe e delle pratiche religiose a causa della paura. Ho detto ai fedeli che “paura” non esiste nel vocabolario di nessun vero cristiano. Quindi continuiamo a portare avanti i nostri normali doveri e compiti». (L’Osservatore Romano)








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