2012-08-01 08:08:39

Sudan, ancora morti in Darfur e Nilo Blu. Nei prossimi giorni Hillary Clinton a Juba


Nella regione sudanese del Darfur, otto persone sono rimaste uccise ieri nel corso di una protesta contro il "caro-vita" e il governo centrale. Secondo attivisti locali, le forze dell’ordine avrebbero sparato sulla folla durante uno scontro con i manifestanti. Intanto l’Onu ha rinnovato di un anno il mandato della missione di pace nella regione, riducendo però il numero dei militari di 3mila unità. Sono stati invece 3 i morti nei bombardamenti governativi sui villaggi del Nilo Blu: lo comunicano i guerriglieri dell’Splm-North, che secondo Khartoum ricevono aiuti dal Sud Sudan. E proprio il Sud Sudan sarà tra le prossime tappe del viaggio in Africa di Hillary Clinton, iniziato ieri. Davide Maggiore ha chiesto a Irene Panozzo, giornalista esperta dell’area, quali sono gli scopi della visita del segretario di Stato americano a Juba:RealAudioMP3

R. - Credo che uno dei principali obiettivi sia quello di cercare di convincere il Sud Sudan ad avere un atteggiamento meno radicale al tavolo negoziale. In realtà, però bisognerebbe cercare di convincere anche il governo di Khartoum a fare lo stesso. I negoziati sono in corso in questi giorni ad Addis Abeba, perché in base ad una risoluzione del Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite del 2 maggio scorso, era stato dato tempo tre mesi, e quindi fino al 2 agosto, ai due governi per trovare una soluzione. In realtà, ormai siamo quasi alla scadenza, e la soluzione sembra essere ancora molto lontana. Non sono stati risolti i problemi che riguardano la demarcazione del confine, non è stata risolta la questione che riguarda il petrolio - in particolare quanto il Sud Sudan deve pagare per utilizzare le infrastrutture del Nord -, e non sono state risolte tutte le altre questioni che riguardano la sicurezza, gli eserciti...

D. - È però realistico pensare ad uno sforzo diplomatico americano di mediazione che abbia successo?

R. - È piuttosto difficile in realtà, proprio perché il governo degli Stati Uniti non ha più tantissime possibilità di convincere il Sudan del Nord ad aver un atteggiamento più vicino a quello che dovrebbe essere necessario per un buon risultato del negoziato. Quello che potrebbe fare Hillary Clinton, è cercare di convincere il Sud Sudan ad evitare posizioni particolarmente estreme. Ad esempio, nei mesi scorsi, il Sud Sudan ha oltrepassato il confine con il Nord, di fatto occupando per alcuni giorni uno dei campi petroliferi che rimangono a Nord del confine tra i due Paesi, in quello che internazionalmente è riconosciuto come territorio del Nord Sudan. Errori di questo genere sicuramente non possono essere graditi a Washington, come non è molto gradita la decisione del governo del Sud Sudan di bloccare completamente la produzione petrolifera negli ultimi sei mesi, rischiando la bancarotta dello Stato.

D. - Quanto è importante il petrolio sud-sudanese nell’ottica della politica americana?

R. - È sicuramente importante. Soprattutto perché è una delle chiavi di volta della stabilizzazione dei rapporti tra Nord e Sud Sudan. Dopo di che, è abbastanza probabile che ci siano interessi di varie compagnie statunitensi sul petrolio all’interno dei confini sud-sudanesi. Però credo, che in questo momento, la priorità sia soprattutto quella di cercare di scongiurare un ulteriore peggioramento dei rapporti tra le due capitali.

D. - Passiamo alla situazione umanitaria, in particolare al problema dei profughi dovuti alla guerra, e dei rimpatriati dal Nord Sudan: che impatto hanno avuto questi gruppi su una situazione umanitaria del Paese che è già difficile?

R. - Sicuramente l’impatto maggiore l’hanno avuto i profughi: cioè tutti quei cittadini sudanesi degli Stati del Kordofan Meridionale e del Nilo Azzurro, perché sono arrivati in due Stati del Sud Sudan, gli Stati di Unity e dell’Alto Nilo, che sono forse i due Stati più fragili, soprattutto perché strategicamente molto importanti. Dal punto di vista ambientale sono aree che durante le stagioni delle piogge sono completamente inondate, per cui diventa anche molto difficile, per le organizzazioni internazionali, portare aiuti e raggiungere i campi che sono stati creati.







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