2012-07-31 08:32:37

Nigeria. Vescovo di Sokoto: la violenza nasce da cattiva gestione delle risorse


“I problemi della Nigeria, soprattutto la terribile violenza, non hanno niente a che vedere con la religione. Qui, i problemi nascono dalla cattiva gestione delle risorse del Paese e dalla incapacità del Governo di controllare la situazione”. E’ quanto pensa mons. Matthew Hassan Kukah, vescovo di Sokoto, in una intervista rilasciata alla Fondazione Oasis e ripresa dall'agenzia Sir, in merito alle violenze sui cristiani in Nigeria da parte della setta musulmana Boko Haram. “Ciascuna crisi in Nigeria è immediatamente collegata alle religioni - osserva -. Ma noi non abbiamo mai avuto una crisi religiosa o una crisi derivata da cristiani o musulmani in lotta su questioni religiose. La vera ragione della crisi in corso è politica ed economica. Non è corretto presentare i problemi di oggi come conflitti tra religioni”. Il vescovo di Sokoto ricorda che le violenze non sono iniziate “soltanto un paio d’anni fa” ma da oltre vent’anni, e “ciò cui stiamo assistendo è la manifestazione della corruzione dello Stato della Nigeria”. “Io credo che, se le cose non cambieranno e se il governo e i pubblici ufficiali continueranno con la cattiva gestione delle risorse dello Stato - sottolinea -, essi non avranno più l’autorità morale per punire i criminali. Di conseguenza si potrebbe anche tentare di fermare questo processo oggi, ma domani riapparirebbe in un punto diverso”. Secondo Mons. Kukah la setta responsabile degli attentati Boko Haram “è un fenomeno nuovo ed estraneo. Non ha niente a che fare con la religione”, tanto è vero che “hanno attaccato leader e istituzioni musulmane, hanno ucciso migliaia di musulmani, certamente molti di più dei cristiani”. “Ciò che conta - sottolinea - è aver chiaro che l’estremismo religioso, sia nel Cristianesimo che nell’Islam, miete vittime al suo interno, per così dire, prima che al di fuori”. Riguardo alle soluzioni, a suo avviso, “sul breve periodo il governo federale dovrebbe abbandonare l’idea di una soluzione militare, cominciando a stabilire una data per il ritiro dell’esercito dalle nostre strade. La classe politica deve essere incoraggiata a trovare una soluzione a ciò che è chiaramente un problema politico e non religioso. I leader delle comunità (non necessariamente leader religiosi) devono essere incoraggiati a farsi carico della situazione e impegnarsi in iniziative il cui scopo sia unificare le comunità”. A suo parere è necessario “edificare la fiducia pubblica, poiché non vi potrà essere una soluzione di tipo militare, dato che la presenza militare esalta soltanto la violenza”. Infine, suggerisce, “il governo federale deve cominciare un programma di riabilitazione e ricostruzione delle comunità distrutte. Questo creerebbe fiducia e ridurrebbe la frustrazione e l’amarezza tra i cittadini”. (R.P.)







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