Mali: dopo il rientro del presidente Traoré, occhi puntati sul Nord
Un plauso dei mediatori dell’Africa occidentale alle prime misure annunciate dal presidente
di transizione Dioncounda Traoré, rientrato venerdì a Bamako dopo un lungo periodo
di convalescenza trascorso a Parigi. “Sta creando istituzioni di condivisione delle
responsabilità e di concertazione per gestire la transizione e questo è lodevole.
Ma il più importante è ormai fatto: che Traoré sia tornato in patria, si sia rivolto
alla nazione e abbia spiegato la necessità di formare nuove istituzioni, compreso
un governo di unità nazionale” ha commentato Djibrill Bassolé, ministro degli Esteri
del Burkina Faso, Paese a capo della mediazione della Comunità economica dell’Africa
occidentale (Cedeao/Ecowas). Il capo di Stato maliano - riporta l'agenzia Misna -
sembra intenzionato a chiedere alla Cedeao una proroga alla scadenza del 31 luglio
per la formazione del governo di unità nazionale e per avere più tempo a disposizione
per l’attuazione delle nuove istituzioni – Alto consiglio di Stato, Consiglio nazionale
di transizione e Commissione nazionale per i negoziati col Nord – che di fatto limitano
notevolmente le competenze del primo ministro Cheick Modibo Diarra. A poche ore dal
rientro in Mali di Traoré, tutti gli occhi sono puntati anche sul Nord e sperano ancora
in una soluzione politica nel conflitto con i gruppi ribelli islamici e tuareg che
da aprile hanno preso il controllo di un’ampia porzione del territorio nazionale.
E’ partita da Bamako una delegazione dell’Alto consiglio islamico del Mali, guidata
dal suo presidente Mahmoud Dicko, con il compito di aprire negoziati con i gruppi
armati islamici, in particolare Ansar Al Dine. A Gao ha già incontrato responsabili
locali e capi religiosi che hanno accolto positivamente la sua decisione di visitare
il Nord in pieno Ramandan, interpretata come un segno di solidarietà. Nelle prossime
ore potrebbe avere un colloquio con Iyad Ag Ghali, leader di Ansar Al Din, notoriamente
contrario alla partizione del Mali e desideroso di far applicare la legge islamica.
Ma in queste ore, più che sulla possibilità dell’apertura di un dialogo con la ribellione
islamica, i media internazionali danno ampio spazio alla notizia della lapidazione
di una coppia uccisa a Aguelhok per aver concepito figli fuori dal matrimonio, in
violazione con la sharia. Ma la crisi nel Nord, cominciata lo scorso gennaio, continua
ad aver implicazioni umanitarie su vasta scala, sia per sfollati e rifugiati nei Paesi
vicini che per i cittadini rimasti a vivere nei principali capoluoghi settentrionali
di Gao, Kidal e Timbuctù. In tutto, secondo il ministro per l’Azione umanitaria, ci
sono 67.118 sfollati interni e 203.887 rifugiati, soprattutto in Mauritania (più di
67.000) e in Burkina Faso (più di 65.000). Nonostante l’apertura di corridoi umanitari,
gli operatori incontrano difficoltà nella consegna degli aiuti – cibo, acqua, medicinali
– e nel prestare assistenza psicologica a chi è stato costretto a scappare lasciando
dietro di sé casa e lavoro. (R.P.)