2012-07-31 08:31:23

Brasile: Consiglio indigenista missionario denuncia l'aumento dei conflitti


La corsa all’accaparramento illegale delle terre indigene tutelate dalla costituzione non ha conosciuto tregua negli ultimi anni registrando un aumento dei conflitti a fronte di una maggiore resistenza dei popoli nativi, sempre più decisi a difendere i propri diritti. E’ quanto emerge dall’ultimo rapporto del Consiglio indigenista missionario (Cimi), apparso sulla stampa brasiliana, che ha documentato solo lo scorso anno 99 dispute in un Paese in cui l’1% dei 191 milioni di abitanti controlla il 46% delle terre coltivabili. Focolai di tensione - riferisce l'agenzia Misna - persistono principalmente nel nord dell’Amazzonia attorno al controverso progetto di Belo Monte, la mega centrale idroelettrica sul fiume Xingu concepita per diventare la terza al mondo dopo quelle delle Tre Gole, in Cina, e di Itaipú, alla frontiera tra Brasile e Paraguay. Nella zona si susseguono le occupazioni dei cantieri del consorzio Norte Energia da parte dei nativi di etnia Xicrin, Juruna, Arara, Aweti, Assurini e Parakanawa che temono impatti devastanti sull’ambiente e le loro fonti di sussistenza. Il documento del Cimi sottolinea inoltre un drastico freno delle procedure di omologazione delle terre indigene da parte del governo: se durante il mandato di Fernando Henrique Cardoso (1995-2002) furono firmati 145 decreti per il riconoscimento formale dei diritti di proprietà collettivi dei popoli nativi sui loro territori ancestrali, con Luiz Inácio Lula da Silva (2003-2010) sono stati 79 e appena tre con la presidenza di Dilma Rousseff, costretta a continui compromessi con la potente lobby del settore agro-zootecnico saldamente rappresentata al Congresso. Lo Stato in cui i conflitti per il possesso della terra restano più marcati è quello centro-occidentale del Mato Grosso do Sul che nel 2011 ha contato 32 vittime tra i nativi su un totale di 51 registrate sull’intero territorio nazionale. Sulle violenze contro i nativi è intervenuta anche l’organizzazione Survival International rinnovando al governo un appello contro l’impunità, dopo l’assassinio di un capo Guaraní, nel novembre scorso, che ha portato di recente all’arresto di 18 persone. Tra queste figura anche il proprietario di una nota azienda locale che offre ai ‘fazendeiros’ (latifondisti) protezione armata contro possibili minacce rappresentate da nativi e contadini ‘senza terra’. (R.P.)







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