Brasile: Consiglio indigenista missionario denuncia l'aumento dei conflitti
La corsa all’accaparramento illegale delle terre indigene tutelate dalla costituzione
non ha conosciuto tregua negli ultimi anni registrando un aumento dei conflitti a
fronte di una maggiore resistenza dei popoli nativi, sempre più decisi a difendere
i propri diritti. E’ quanto emerge dall’ultimo rapporto del Consiglio indigenista
missionario (Cimi), apparso sulla stampa brasiliana, che ha documentato solo lo scorso
anno 99 dispute in un Paese in cui l’1% dei 191 milioni di abitanti controlla il 46%
delle terre coltivabili. Focolai di tensione - riferisce l'agenzia Misna - persistono
principalmente nel nord dell’Amazzonia attorno al controverso progetto di Belo Monte,
la mega centrale idroelettrica sul fiume Xingu concepita per diventare la terza al
mondo dopo quelle delle Tre Gole, in Cina, e di Itaipú, alla frontiera tra Brasile
e Paraguay. Nella zona si susseguono le occupazioni dei cantieri del consorzio Norte
Energia da parte dei nativi di etnia Xicrin, Juruna, Arara, Aweti, Assurini e Parakanawa
che temono impatti devastanti sull’ambiente e le loro fonti di sussistenza. Il documento
del Cimi sottolinea inoltre un drastico freno delle procedure di omologazione delle
terre indigene da parte del governo: se durante il mandato di Fernando Henrique Cardoso
(1995-2002) furono firmati 145 decreti per il riconoscimento formale dei diritti di
proprietà collettivi dei popoli nativi sui loro territori ancestrali, con Luiz Inácio
Lula da Silva (2003-2010) sono stati 79 e appena tre con la presidenza di Dilma Rousseff,
costretta a continui compromessi con la potente lobby del settore agro-zootecnico
saldamente rappresentata al Congresso. Lo Stato in cui i conflitti per il possesso
della terra restano più marcati è quello centro-occidentale del Mato Grosso do Sul
che nel 2011 ha contato 32 vittime tra i nativi su un totale di 51 registrate sull’intero
territorio nazionale. Sulle violenze contro i nativi è intervenuta anche l’organizzazione
Survival International rinnovando al governo un appello contro l’impunità, dopo l’assassinio
di un capo Guaraní, nel novembre scorso, che ha portato di recente all’arresto di
18 persone. Tra queste figura anche il proprietario di una nota azienda locale che
offre ai ‘fazendeiros’ (latifondisti) protezione armata contro possibili minacce rappresentate
da nativi e contadini ‘senza terra’. (R.P.)