I vescovi sudcoreani: trovare nuovi modi di evangelizzazione
Un’occasione di “rinnovamento della Chiesa e della fede in Sud Corea”: è la riflessione
che la Conferenza episcopale del Paese fa sull’Anno della fede, indetto da Benedetto
XVI per celebrare due importanti anniversari, ovvero il 50.mo dall’apertura del Concilio
Vaticano II ed il 20.mo del Catechismo della Chiesa cattolica. Lo speciale Anno si
aprirà l’11 ottobre prossimo per poi concludersi il 24 novembre 2013, nella Solennità
del Cristo Re. “L’impatto del Concilio Vaticano II – scrivono i vescovi coreani –
è stato diverso da Paese a Paese, ma nel nostro Paese esso ha aiutato la Chiesa a
procedere verso una maggiore partecipazione in termini di dialogo religioso e di movimenti
ecumenici”. E qui, i presuli citano alcuni dati: nel 1962, anno di apertura del Concilio,
la Chiesa coreana contava mezzo milione di cattolici; alla fine del 2011, le cifre
parlano di 5,32 milioni, pari al 10,3% della popolazione totale. “Molti fattori hanno
contribuito a questa forte crescita della comunità cattolica – afferma la Conferenza
episcopale – ed il Concilio è stato uno degli elementi principali che ha fatto fiorire
la Chiesa coreana dal 6 al 10% dopo gli anni '60”. Insieme alle luci, tuttavia, ci
sono anche le ombre: “Nell’ultimo decennio – evidenziano i presuli – il tasso di crescita
della Chiesa in Corea è diminuito del 2%”. E non solo: allineata all’invecchiamento
della società civile, la Chiesa ha visto una decrescita dei cattolici minori di 19
anni pari al 24,4 % ed un aumento del 127,5% dei fedeli ultrasettantenni. La considerazione
che se ne ricava, sottolinea la Conferenza episcopale, è amara poiché ciò significa
che “la fede non viene più trasmessa di generazione in generazione come avveniva in
passato”. Di qui, l’urgenza di “trovare nuovi modi e nuove prospettive per un’azione
pastorale specifico a secondo delle diverse età”. Ad essere in calo sono anche i battezzati
e gli sposati, che negli ultimi dieci anni sono scesi rispettivamente del 24,2 e del
25,2%. E lo stesso dicasi per chi riceve la Prima Comunione o si reca regolarmente
alla Messa domenicale. Questo indebolimento della partecipazione ai sacramenti, “che
sono il fulcro della vita di fede e l’indicazione della maturità spirituale” dei fedeli,
secondo i vescovi coreani, suggerisce che “la Chiesa locale sta ripetendo gli stessi
errori della Chiesa europea” ed è perciò necessaria “un’analisi dei fattori e delle
sfide socio-culturali all’interno della Chiesa stessa”. C’è, però, una buona notizia:
l’incremento della presenza della Chiesa nelle missioni all’estero. Nel 2011, per
esempio, la Chiesa coreana ha inviato 899 missionari in 77 nazioni diverse e l’obiettivo
dei vescovi è quello di incrementare ulteriormente le cifre. “Le missioni oltreoceano
– affermano i presuli – possono aiutare la Chiesa locale a contribuire alla maturità
spirituale del clero, formando molti sacerdoti”. Tuttavia, conclude la Conferenza
episcopale, “l’ostacolo maggiore rimane la necessità di combattere la tentazione di
secolarismo all’interno della Chiesa e di rinnovare l’impegno dei cattolici per l’Anno
della Fede”. (A cura di Isabella Piro)