I cristiani in Siria: difficoltà enormi, ma non vogliamo abbandonare il Paese
«La Siria è la culla del cristianesimo: San Paolo a Damasco, Antiochia, San Simeone
Stilita, San Marone. Noi cristiani abbiamo contribuito alla civilizzazione del Paese
con scuole e ospedali, introdotto le fabbriche e il commercio, salvaguardato la lingua
araba durante l’occupazione ottomana. Non possiamo abbandonare la nostra terra». Un
membro dell’episcopato siriano invita i suoi fedeli a resistere nonostante le enormi
difficoltà. E’ solo l’ultima di tante testimonianze - che preferiscono mantenere l’anonimato
- giunte ad Aiuto alla Chiesa che Soffre dal martoriato Paese mediorientale. Voci
che arrivano - come riferisce la Zenit - numerose anche da Damasco, dove la situazione
si fa ogni giorno più drammatica. L’arcivescovo maronita della città, monsignor Samir
Nassar, ha chiesto alla Fondazione pontificia di aiutare la sua comunità. «Damasco
è stata risparmiata nei primi 16 mesi di violenze – scrive il presule in una lettera
- ora tocca a noi soffrire e morire». ACS ha già inviato 20mila euro come aiuto iniziale
a dodici sacerdoti e 107 famiglie di rifugiati. «Per la prima volta in vita mia –
racconta un sacerdote della capitale – domenica ho celebrato la messa ascoltando il
suono degli spari e delle esplosioni». I cristiani che «osano venire in Chiesa per
trovare un po’ di coraggio nella Parola di Dio» sono ormai pochissimi. «Il rumore
delle bombe è incessante – continua la fonte – e la notte è impossibile dormire».
Di giorno la temperatura sfiora i 55°C e le interruzioni di corrente sono molto frequenti.
«Damasco è tagliata fuori dal resto del Paese. Siamo a corto di viveri, verdure, pane,
gas e carburante». La capitale non è l’unica a soffrire la miseria. Nella relativamente
tranquilla regione di Wadi al-Nasara – in arabo «valle dei cristiani» - vicino al
villaggio di Marmarita, i rifugiati aumentano di giorno in giorno. Provengono in maggioranza
dalle regioni di Homs, Ksair e Hosn. Al momento sono più di 2400 famiglie, almeno
500 in grave difficoltà. «E’ in atto una guerra civile – dice ad ACS un sacerdote
– ma malgrado tutto continuiamo il nostro apostolato, siamo vicini ai fedeli e, per
quanto possiamo, li aiutiamo economicamente». Fonti locali riferiscono che il costo
della vita in Siria è aumentato del 200%. Moltissimi rifugiati hanno lasciato la loro
casa durante gli attacchi, senza portare niente con loro. «Dobbiamo dare loro un tetto,
viveri e vestiti. La Caritas fa ciò che può, ma le esigenze sono sempre più numerose».
Aiuto alla Chiesa che Soffre ha donato alla Chiesa siriana – sostenuta nel 2011 con
330mila euro - un contributo straordinario di 130mila euro devoluto a Caritas Siria
e alle famiglie cristiane di Homs. Grazie agli 80mila euro ricevuti, 500 famiglie
rifugiatesi nella «valle dei cristiani» avranno viveri per circa sei mesi. La Fondazione
ha promesso ulteriori aiuti ed ha invitato i suoi 600mila benefattori in tutto il
mondo a pregare per la pace in Siria. (D. M.)