Presentata la 69.ma Mostra del cinema di Venezia: la crisi protagonista sul grande
schermo
E’ stata presentata dal presidente della Biennale di Venezia Paolo Baratta e dal direttore
Alberto Barbera la 69.ma Mostra internazionale d’Arte Cinematografica in programma
al Lido dal 29 agosto all’8 settembre. Con sale rinnovate, un programma contenuto
nei titoli, l’apertura di un mercato e un’attività permanente rivolta ai giovani.
Servizio di Luca Pellegrini:
Torna Alberto
Barbera, dopo undici anni, a dirigere la Mostra del Cinema di Venezia e mantiene
tutte le sue promesse. Ha deciso che il suo numero "scaramantico" è il 18 e questi
sono i film in concorso, altrettanti entrano nella sezione Orizzonti, che assume pari
dignità. Non fa mancare né autori né star, né Europa né America, pesca in alcuni Paesi
dall’inesistente tradizione cinematografica come Arabia Saudita e Nepal, ma invita
anche De Palma e Malick, Kitano e Assayas, Bier e Gitai, Redford e Mira Nair e l’ultracentenario
De Oliveira. Non manca Liliana Cavani, con un documentario sull’Ordine delle Clarisse.
Un equilibrio da maestro e da grande direttore. In tutto sessanta titoli, una Mostra
agile e umana. Numero ridotto per assicurare la qualità, come afferma Barbera.
R.
- Io credo che i Festival, che ultimamente - in generale - hanno teso piuttosto all’accumulo
dei titoli che non alla loro selezione, debbano recuperare questa funzione che comporta
ovviamente dei rischi e la possibilità di sbagliare. Però, se non si seleziona si
viene meno a una delle funzioni fondamentali di un Festival, che è quella di indicare
quali siano le tendenze, gli autori più interessanti, i film più significativi. Bisogna
ritrovare uno spirito di scoperta e di curiosità che oggi è fondamentale: altrimenti
il futuro del cinema in qualche modo è compromesso.
D. - L’equilibrio è tra
le esigenze dell’arte e quelle del mercato…
R. - Il grande problema è che c’è
una quantità enorme di autori e di artisti che hanno difficoltà a realizzare i film
che vorrebbero realizzare e, anche quando li realizzano, hanno difficoltà ancora maggiori
a farli vedere. Uno dei compiti di un Festival è anche quello di sostenere questa
seconda parte del lavoro. Non possiamo accontentarci di essere una vetrina, senza
cercare di farci carico in qualche modo anche del problema che oggi rischia di soffocare
il cinema d’autore, di come fare a far sì che anche il cinema d’autore possa tornare
ad essere visto.
D. - Il tema della crisi è la coscienza del cinema d’oggi,
che arriva in diversissime forme nei titoli della Mostra…
R. - La cosa più
sorprendente in questo lunghissimo lavoro di selezione che abbiamo fatto è la scoperta
della quantità di film che affrontano direttamente il tema della crisi: in maniera
diversa, però la crisi è oggi veramente un fenomeno globale e sono moltissimi i registi
che hanno deciso di affrontare di petto la questione. Non soltanto la crisi economica,
ma gli effetti che la crisi ha: la distruzione dei rapporti sociali, familiari, la
distruzione degli individui. Questo è evidente in moltissimi film che abbiamo selezionato
nella Mostra: è uno dei temi dominanti.
D. - Anche per il cinema la Biennale
inaugura il College, iniziativa offerta ai giovani che faranno cinema domani, un aiuto
per seguirli, nell’arco di un intero anno, dall’idea alla realizzazione finale del
loro primo lungometraggio.
R. - Torno a dire quello che dicevo prima: i Festival
non possono più limitarsi a essere solo vetrine, ma devono diventare degli attori,
degli operatori che si fanno carico di una serie di problemi. Oggi, uno dei problemi
principali dei giovani registi è di poter esordire nel lungometraggio, di poter trovare
il modo di entrare nella professione rispetto alla quale sono fortemente motivati
e hanno il talento che li può portare ad esprimere qualcosa di nuovo.