Mille giovani verso Assisi per la 32.ma Marcia francescana
Una forte esperienza di vita con un programma impegnativo spiritualmente e fisicamente.
E’ quella vissuta dagli oltre mille giovani italiani provenienti dalle varie regioni
d’Italia e partecipanti alla 32.ma Marcia francescana, in corso fino al 4 agosto.
Meta è la Festa del Perdono di Assisi, il prossimo 2 agosto. Zaino in spalla con l’essenziale
all’interno, ore di cammino, soste e pernottamenti in alloggi di fortuna: questo caratterizza
un’esperienza che, a detta dei partecipanti, è “occasione di conversione”. Tema di
quest’anno “Tu sei bellezza”, dalle lodi di San Francesco all’Altissimo. Al microfono
di Paolo Ondarza,padre Matteo Marcheselli, tra gli organizzatori
della Marcia per l’Umbria:
R. – C’è bisogno
di scoprire una bellezza fuori di noi, una bellezza in noi, che ci renda attraente
una vita di fede, una vita d’amore, una vita in relazione con il nostro Dio, tra noi.
C’è una fatica – come dire – ad aprire gli occhi e a vedere una bellezza che già è
data. Penso soprattutto alla fatica per un giovane di scoprire la bellezza che è lui:
la propria storia bella, le proprie ferite diventano un luogo di bellezza se consegnate
a Dio, se viste dentro la storia, che è poi un mistero d’amore, come quello della
Pasqua.
D. – E’ un cammino, un cammino per le strade di tutta Italia, ma anche
un cammino interiore nel segno dell’essenzialità. Nello zaino dei partecipanti c’è
un sacco a pelo, forse qualche stoviglia, posate, un cappello, non mancherà una Bibbia.
E’ un’esperienza che rompe con le comodità quotidiane cui i giovani sono abituati…
R.
– Soprattutto, è un cammino molto interiore che ci mette nella condizione di ascoltarci,
di ascoltare il nostro corpo e anche questo è un qualcosa di molto nuovo per i giovani,
nonostante le tante esperienze fisiche legate anche alla sessualità oppure alle tante
esperienze di sport estremi… Tuttavia, c’è una fatica anche nell’ascoltarsi, nell’ascoltare
le proprie fatiche, i propri muscoli, le proprie parti del corpo, i propri limiti,
i propri dolori, le proprie rabbie…. Sono giornate in cui si impara a conoscersi,
si impara a conoscere chi si ha al fianco.
D. – Potremmo dire, in un certo
senso, che questa esperienza aiuta anche a riconciliare il corpo con lo spirito?
R.
– Si, perché l’esperienza di un limite fisico, di un muscolo che fa male, di un ginocchio
che non ci permette più di camminare, diventa esperienza in cui accogliere la debolezza
del proprio corpo e ci apre quindi alla possibilità di accogliere anche la debolezza
della propria anima, dei propri fallimenti morali, spirituali… E’ un incontro con
un Dio che ci ama come siamo e che passa attraverso una debolezza, che paradossalmente
diventa bella, per cui è la bellezza di un Crocifisso….
D. – In un momento
come quello che stiamo vivendo, un momento caratterizzato da una crisi economica,
in cui le aspettative di un lavoro stabile spesso restano deluse, cosa vuol dire per
un giovane fare un’esperienza come questa?
R. - Intanto, è un’esperienza di
precarietà e quindi insegna l’affidarsi: anche i ragazzi che camminano con noi non
hanno un programma definito di tutta la settimana e ogni giorno si lasciano condurre.
Questo insegna a fidarsi che c’è un Padre che provvede a noi, che se cerchiamo prima
Lui, Lui viene incontro alle nostre esigenze. Quindi, alla fine viviamo una Parola
del Vangelo che ci ha consegnato Gesù, quella di cercare prima di tutto il Regno e
poi il vestire, il mangiare: il Padre sa che ne abbiamo bisogno.