Il cardinale Filoni al rientro dal Centrafrica: la Chiesa locale, speranza per il
Paese
Il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione
dei Popoli è appena rientrato a Roma dopo una visita di una settimana nella Repubblica
Centrafricana. Momento centrale della sua visita, l'ordinazione episcopale di quattro
vescovi, nominati da Benedetto XVI il 14 maggio scorso: mons. Dieudonné Nzapalainga
(arcivescovo di Bangui), mons. Nestor-Désiré Nongo Aziabgia (vescovo di Bossangoa),
mons. Dennis Abgenyadzi (vescovo di Berbérati) e mons. Cyr-Nestor Yapaupa (vescovo
coadiutore di Alindao). Nel corso della sua visita pastorale il porporato ha incontrato
i vescovi ed i vicari generali, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i formatori
dei seminari e i delegati dei laici. Il 20 luglio è stato ricevuto in udienza dal
capo dello Stato, François Bozizé. Il porporato ha inoltre visitato alcuni orfanotrofi
e parrocchie della capitale Bangui. Al microfono di Roberto Piermarini il cardinale
Filoni racconta quale Chiesa ha incontrato nella Repubblica Centrafricana:
R. – E’ una
Chiesa che si trovava in una situazione di sofferenza: mancavano quattro vescovi che
la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli ha provveduto – il Santo Padre
li aveva da poco nominati – e quindi la mia presenza centrale è stata quella di consacrare
questi nuovi vescovi. La partecipazione dei fedeli, la presenza di tutti gli ordinari
nonché di tutti i sacerdoti e di tanti fedeli, compresa la presenza del capo dello
Stato, del primo ministro e di altre alte autorità, è stato un momento centrale ma
anche molto atteso, che ha portato gioia e speranza a tutta la comunità della Chiesa
in questo Paese, nella Repubblica Centroafricana. Direi che attorno a questo evento
fondamentale, poi si sono sviluppati tutti gli altri momenti della visita pastorale
a cominciare dall’incontro con i formatori del Seminario maggiore che stiamo ricostruendo
nella sua struttura di formatori e anche di seminaristi stessi; con il laicato che
mi è sembrato molto disponibile e desideroso di vedere un nuovo capitolo che si apre
per la Chiesa nel Paese. E così anche posso dire per tutti i vescovi, sia nell’insieme
come anche singolarmente, come ho avuto modo di appurare con essi. E poi, naturalmente,
il clero, con i religiosi e le religiose. Direi che è stata una visita che loro aspettavano,
una visita carica di speranza, di futuro. Li ha molto entusiasmati e naturalmente
ha permesso di affrontare e di studiare anche tanti problemi particolari che sono
legati un po’ allo sviluppo di questa Chiesa missionaria, credo attualmente chiamata
a partecipare a tutti gli aspetti del grande sviluppo missionario della Chiesa africana.
D.
– Quale è stata l’accoglienza da parte delle autorità della Repubblica Centroafricana?
R.
– Ho avuto modo di incontrare dapprima il presidente della Repubblica e poi il primo
ministro. Il capo dello Stato non ha esitato a manifestare più di una volta il proprio
ringraziamento per la grande opera missionaria dei nostri missionari, sacerdoti, religiosi
e religiose. In particolare, ovviamente, lui è molto sensibile alla questione relativa
all’educazione: il 50% delle scuole sono tenute e gestite dalle parrocchie, soprattutto
le scuole primarie e anche le secondarie; poi alla questione della salute: la sanità,
i nostri piccoli dispensari, qualche clinica dove si lavora molto, molto bene, a favore
di tanta popolazione povera, sono stati gli elementi sui quali il capo dello Stato
ha voluto reiterare la propria soddisfazione, il ringraziamento e l’incoraggiamento
– naturalmente – a che la Chiesa continui e, potendo, faccia di più.
D. – Cardinale
Filoni, quale è stata la sua esperienza con la realtà caritativa della Chiesa centroafricana?
R.
– In Centroafrica la carità in questo momento è estremamente importante e necessaria.
C’è molta povertà. Ma accanto alla povertà, ci sono anche molte miserie come per esempio
l’Aids, come le tradizionali malattie locali legate un po’ all’ambiente tropicale.
Poi, naturalmente, c’è tutto il lavoro di sostegno all’infanzia: c’è molta infanzia
povera, abbandonata; coppie e famiglie che non riescono a tenere e a sostenere i bambini
stessi. Ho visitato alcuni orfanotrofi che sono veramente piccole oasi in cui a questi
bambini è stata offerta la possibilità di avere una famiglia: persone che li accudiscono,
che li aiutano e che contano molto sulla carità e sulla solidarietà. Io ho trovato
in questo veramente un sostegno alla mia visita: ho visto che la carità che noi facciamo
non è tanto verso questi bambini, ma l’affetto con cui loro ti accolgono è un dono
per tutti noi, per i tanti benefattori spesso ignoti, spesso non noti, che continuano
a sostenere queste opere assolutamente indispensabili senza le quali questa infanzia
non avrebbe nessuna possibilità di sopravvivere.
D. – Eminenza, in questo mese
lei si è immerso nella realtà della Chiesa africana, con il viaggio – all’inizio del
mese – nella Repubblica Democratica del Congo e adesso nella Repubblica Centroafricana.
Ci sono dei punti di contatto tra queste due visite?
R. – Sì: il punto di
contatto è dato dal fatto che si tratta di due Chiese in crescita. Io ho spiegato
loro che quando, 50 anni fa, si apriva il Concilio, la Chiesa africana era praticamente
rappresentata quasi completamente da missionari che dall’Occidente si recavano in
Africa. Oggi constatiamo che, praticamente, direi che forse il 90% dei vescovi e dei
sacerdoti sono locali. Dunque, la Chiesa africana ha cambiato volto in questi 50 anni,
e la Chiesa ha continuato ad investire tutte le sue risorse soprattutto di formazione
religiosa, morale, spirituale ma assieme a questa anche di formazione educativa, in
favore anche della salute, con le tante nostre opere di carità. In ambedue i Paesi,
io ho visto che c’è un impegno molto generoso. Certamente, davanti alle necessità
siamo chiamati a fare di più, ma questo è un impegno che riguarda non solo la Chiesa,
ma tutta la società che ha a cuore il bene di questo continente che, come il Papa
ha detto in “Africae munus”, ha tanta speranza, che noi dobbiamo cercare di rendere
concreta e visibile nei loro bisogni, che in questo momento sono ancora tanti.