Ramadan di sangue, violenza che stravolge il sacro
"Nell'islam lo scopo
di ogni esistenza è quello di unirsi interamente a Dio. Il Ramadan, il mese sacro
del digiuno che si celebra in questo periodo, è come un asse attorno al quale si costruisce
tutto l'anno e che dà senso al tempo. Ma digiunare significa anche rinunciare a ogni
pensiero cattivo, violento. Per i mistici islamici rompe il digiuno tutto ciò che
allontana da Dio. Per questo gli atti di terrorismo che coincidono con il Ramadan,
come quelli recenti in Iraq, ci sembrano in netto contrasto con lo spirito di questa
ricorrenza sacra musulmana che in nessun modo può autorizzare all'uso della violenza
in nome di Dio". Lo sottolinea don Gino Battaglia, direttore dell'Ufficio
Nazionale per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza Episcopale
Italiana (CEI). "Nel 2001, dopo l'11 settembre, - ricorda don Gino - il Beato
Giovanni Paolo II invitò i cristiani a condividere il digiuno del Ramadan con i musulmani
almeno per un giorno. Una risposta, ancora attuale, alla logica del conflitto". "Il
Ramadan inoltre, come periodo di intenso fervore spirituale è anche un momento che
può favorire il dialogo interreligioso" ricorda ancora il direttore dell'Ufficio CEI.
"La festa che chiude il mese di digiuno, l'Id al-Fitr, come accade in molte diocesi,
può diventare occasione di incontro e accoglienza reciproca. Mentre il Ramadan - conclude
don Battaglia - può essere anche occasione per ripensare il significato del digiuno
cristiano". (A cura di Fabio Colagrande)