Un’intera famiglia sterminata e almeno 80 morti, tra cui sei bambini. Questo il bilancio
odierno delle violenze in Siria, fornito da fonti dell’opposizione. Un inviato della
Bbc riferisce inoltre di bombardamenti su Aleppo, città dove negli ultimi giorni si
è concentrata la repressione delle forze governative. Cresce, intanto, il numero delle
persone costrette a fuggire. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Dall’inizio
delle violenze, ricorda l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati,
sono oltre un milione e mezzo gli sfollati interni. Hanno invece già lasciato il Paese
oltre 47 mila rifugiati in Libano e almeno 5 mila siriani fuggiti in Giordania. Per
il ministro turco, Recep Tayyip Erdogan, si avvicina la vittoria della rivolta contro
il regime. Ma le forze governative dispongono ancora di un ingente arsenale. Il capo
di Stato maggiore israeliano sottolinea, in particolare, che le armi chimiche sono
ancora sotto il pieno controllo del regime di Damasco. Il Consiglio nazionale siriano,
principale piattaforma dell’opposizione all’estero, respinge infine l’ipotesi di un
governo provvisorio composto da personalità dell’attuale regime e precisa che la fase
di transizione inizierà solo dopo l’uscita di scena del presidente Bashar al-Assad.
Intanto, preoccupa la comunità internazionale, la minaccia di Damasco di utilizzare
armi chimiche in caso di intervento militare straniero: secondo gli oppositori il
governo avrebbe già provveduto a trasferirle negli aeroporti lungo il confine. Nessun
progresso sul fronte diplomatico, dunque, mentre a Bruxelles i ministri degli Esteri
dell’Unione Europea hanno approvato nuove sanzioni contro il Paese, rafforzando l’embargo
delle armi. Ieri in Siria si sono registrate una cinquantina di vittime; intanto l’opposizione
dichiara di aver liberato alcuni quartieri di Aleppo. Marina Calculli:
Mentre
Damasco ritorna pian piano nelle mani del regime, dopo una lunga battaglia con i ribelli,
Assad sfida la comunità internazionale e risponde così ai timori sollevati negli ultimi
giorni sul possibile impiego delle sue armi chimiche: “Non le useremo mai contro il
popolo siriano, ma solo in caso di un attacco esterno”. Inaccettabile per le cancellerie
occidentali, preoccupato il segretario generale dell’Onu, Ban-ki-moon. Obama replica
perentorio: “Questa minaccia è un tragico errore. I giorni di Assad sono contati”.
Mosca, però, resta al fianco del suo alleato e mette in guardia da “una destituzione
incostituzionale del presidente siriano che potrebbe portare a una guerra civile senza
fine”. La Lega Araba, invece, è concorde sulla necessità di una transizione a Damasco.
L’emiro del Qatar ha esortato Assad a fare “una scelta coraggiosa” e lasciare il Paese.
Bashar replica: “La violenza in Siria non avrebbe questa intensità se il Qatar non
continuasse ad armare i ribelli”. Il Libano, invece, per la prima volta dice basta
alle incursioni quotidiane dell’esercito di Assad sul proprio territorio. Ancora ieri
due siriani sono stati uccisi entro i confini libanesi.
La minaccia di Assad
di ricorrere alle armi chimiche, in caso di intervento esterno, è credibile? Al microfono
di Benedetta Capelli risponde Maurizio Simoncelli, vicepresidente di
Archivio Disarmo:
R. – La vedo
più come una minaccia politica che come una minaccia reale. Certamente, noi sappiamo
che queste armi chimiche sono quelle chiamate “armi nucleari dei poveri”, perché sono
armi facilmente realizzabili con costi decisamente contenuti. I siriani sono stati
a loro tempo aiutati dalla Russia, ma sappiamo anche che una qualunque industria chimica,
modificando leggermente le composizioni dei proprie prodotti, può trasformare un prodotto
che noi usiamo normalmente in casa in uno decisamente più letale. Si dice che la Siria
possieda alcune centinaia di litri di Iprite, Sarin, che sono dei gas nervini, considerati
anche armi di distruzione di massa. Sono armi che mettono molta paura.
D.
– Il ricorso a una minaccia simile, qual è quella che appunto è stata portata avanti
dal governo di Assad, che effetto può sortire invece sugli storici alleati della Siria,
come Russia, Cina e Iran?
R. – Sono potenze militari che hanno firmato la Convenzione
internazionale sulle armi chimiche, ma che hanno dei grossi arsenali di armi chimiche.
Dal punto di vista politico, la Russia a tutt’oggi – anche insieme alla Cina – si
mostra uno dei più forti alleati e sostenitori del regime di Assad. Ci sono quindi
una serie di situazioni molto complesse, che si giocano anche all’interno del campo
islamico fra sunniti e sciiti per moderare l’influenza dell’Iran. E’ una situazione
delicata: così come ci viene presentata – buoni contro cattivi – non corrisponde sicuramente
alla realtà.
D. – Quello che è certo è che, comunque, la comunità internazionale
è in forte difficoltà nel capire quale sia la strada seguire: l’Onu è praticamente
bloccata nelle sue risoluzioni, mentre dall’altre parte l’Unione Europea ha varato
delle nuove sanzioni contro la Siria, ma sta anche prospettando un piano di intervento
di aiuto umanitario. Insomma, la strada è veramente tortuosa: quale può essere una
ipotesi di uscita?
R. – Un’ipotesi di uscita sarebbe stata già quella di non
sostenere anche la rivolta armata da parte degli oppositori, perché certamente anche
l’opposizione – che giustamente contestava il regime di Assad – è stata potentemente
armata. Sarei estremamente cauto sull’ipotizzare un intervento della Comunità internazionale
a favore dell’una o dell’altra parte. Forse sarebbe meglio, invece, un intervento
di tipo internazionale, ma che blocchi il conflitto e porti le due parti a trovare
una soluzione concordata.