2012-07-24 16:38:04

Serbia-Kosovo. Ban Ki-moon in visita a Pristina


Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, oggi è a Pristina per visitare la missione Onu in Kosovo e incontrare le autorità locali. Il segretario, che nell’ambito del suo viaggio nei Balcani ieri si è fermato a Belgrado, dove ha avuto un colloquio con il presidente serbo Nikolic, auspica che Serbia e Kosovo riprendano al più presto i negoziati interrotti nel marzo 2011. Ma che speranze ci sono che ciò avvenga? Roberta Barbi lo ha chiesto a Roberto Morozzo Della Rocca, rappresentante della Comunità di Sant’Egidio:RealAudioMP3

R. - Poche speranze. Credo che gli albanesi non abbiano alcuna intenzione di ridiscutere lo status del Kosovo. Per loro è indipendente, è sovrano, e non si discute. Invece i serbi vorrebbero il dialogo per discutere la situazione del Kosovo settentrionale e delle quattro municipalità a maggioranza serba intorno a Kosovska Mitrovica. Naturalmente, questo dialogo gli albanesi non vogliono farlo ed è difficile che vada in porto. Però nella comunità internazionale, si discute di una possibile partizione del Kosovo, che è quello che poi, adesso, sembra interessare il governo di Belgrado: quindi un 10% al Nord che si unisce alla Serbia, e il resto che va a costituire lo Stato indipendente del Kosovo.

D. - Il presidente serbo Nikolic ha chiesto che il dialogo riprenda con la mediazione dell’Unione europea. Questo potrebbe bloccare la ripresa dei negoziati?

R. - È difficile che il dialogo riprenda. Da parte dell’Unione Europea c’è una difficoltà: non si vuole discutere a Bruxelles sull’indipendenza del Kosovo, anche se ci sono quattro Stati dell’Unione che non riconoscono l’indipendenza. In realtà la situazione è molto complessa perché anche a livello internazionale sono soltanto 91 su 193 Stati dell’Onu, che riconoscono l’indipendenza e quindi sono meno della metà. Infatti, Ban Ki -moon è andato in Kosovo a nome della risoluzione 1244 che nel 1999 mise fine alla guerra, la quale non riconosce alcuna indipendenza del Kosovo, ma parla solo di autonomia sostanziale in seno alla Serbia.

D. - La Serbia, infatti, si aspetta che anche l’Onu abbia un ruolo più attivo nel mantenimento dell’integrità territoriale dei due Paesi, sebbene l’indipendenza del Kosovo sia, appunto, riconosciuta solo da alcuni dei Paesi membri …

R. - Sì, perché l’Onu formalmente è sempre legato alla 1244, e quindi non riconosce l’indipendenza del Kosovo. L’Onu, forse più che l’Unione europea potrebbe essere mediatore.

D. - Continuano ad esserci tensioni al confine settentrionale. Le comunità serbe del nord Kosovo denunciano soprusi e violenze.

R. - Queste tensioni ci sono da 12 anni. É chiaro che nel Kosovo settentrionale i serbi vogliono la secessione dal nuovo Stato indipendente, mentre gli albanesi da sud premono perché i serbi riconoscano la sovranità di Pristina, e rinuncino ad unirsi con la Serbia. Ma per i serbi non è una secessione: i serbi si sono sempre sentiti serbi nel nord del Kosovo.

D. - Ieri Ban Ki-moon ha anche auspicato la ripresa del dialogo che servirebbe a entrambi i Paesi per migliorare le condizioni di vita della popolazione, e per proiettarli verso un futuro europeo. È possibile per Serbia e Kosovo pensare a un futuro europeo?

R. - Ciò di cui parla Ban Ki-moon è un dialogo sulle condizioni di vita, quindi sui problemi come l’anagrafe, i trasposti, i commerci, i documenti... Questo è un tipo di dialogo di “tono minore” rispetto al dialogo principale che è quello sullo status, sulla situazione politica di questi territori. Questo dialogo “minore”, in realtà, viene anche condotto con contatti bilaterali, ma il dialogo di cui si parla in genere è quello principale sullo status politico.







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