Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, oggi è a Pristina per visitare
la missione Onu in Kosovo e incontrare le autorità locali. Il segretario, che nell’ambito
del suo viaggio nei Balcani ieri si è fermato a Belgrado, dove ha avuto un colloquio
con il presidente serbo Nikolic, auspica che Serbia e Kosovo riprendano al più presto
i negoziati interrotti nel marzo 2011. Ma che speranze ci sono che ciò avvenga? Roberta
Barbi lo ha chiesto a Roberto Morozzo Della Rocca, rappresentante della
Comunità di Sant’Egidio:
R. - Poche speranze.
Credo che gli albanesi non abbiano alcuna intenzione di ridiscutere lo status del
Kosovo. Per loro è indipendente, è sovrano, e non si discute. Invece i serbi vorrebbero
il dialogo per discutere la situazione del Kosovo settentrionale e delle quattro municipalità
a maggioranza serba intorno a Kosovska Mitrovica. Naturalmente, questo dialogo gli
albanesi non vogliono farlo ed è difficile che vada in porto. Però nella comunità
internazionale, si discute di una possibile partizione del Kosovo, che è quello che
poi, adesso, sembra interessare il governo di Belgrado: quindi un 10% al Nord che
si unisce alla Serbia, e il resto che va a costituire lo Stato indipendente del Kosovo.
D.
- Il presidente serbo Nikolic ha chiesto che il dialogo riprenda con la mediazione
dell’Unione europea. Questo potrebbe bloccare la ripresa dei negoziati?
R.
- È difficile che il dialogo riprenda. Da parte dell’Unione Europea c’è una difficoltà:
non si vuole discutere a Bruxelles sull’indipendenza del Kosovo, anche se ci sono
quattro Stati dell’Unione che non riconoscono l’indipendenza. In realtà la situazione
è molto complessa perché anche a livello internazionale sono soltanto 91 su 193 Stati
dell’Onu, che riconoscono l’indipendenza e quindi sono meno della metà. Infatti, Ban
Ki -moon è andato in Kosovo a nome della risoluzione 1244 che nel 1999 mise fine alla
guerra, la quale non riconosce alcuna indipendenza del Kosovo, ma parla solo di autonomia
sostanziale in seno alla Serbia.
D. - La Serbia, infatti, si aspetta che anche
l’Onu abbia un ruolo più attivo nel mantenimento dell’integrità territoriale dei due
Paesi, sebbene l’indipendenza del Kosovo sia, appunto, riconosciuta solo da alcuni
dei Paesi membri …
R. - Sì, perché l’Onu formalmente è sempre legato alla 1244,
e quindi non riconosce l’indipendenza del Kosovo. L’Onu, forse più che l’Unione europea
potrebbe essere mediatore.
D. - Continuano ad esserci tensioni al confine
settentrionale. Le comunità serbe del nord Kosovo denunciano soprusi e violenze.
R.
- Queste tensioni ci sono da 12 anni. É chiaro che nel Kosovo settentrionale i serbi
vogliono la secessione dal nuovo Stato indipendente, mentre gli albanesi da sud premono
perché i serbi riconoscano la sovranità di Pristina, e rinuncino ad unirsi con la
Serbia. Ma per i serbi non è una secessione: i serbi si sono sempre sentiti serbi
nel nord del Kosovo.
D. - Ieri Ban Ki-moon ha anche auspicato la ripresa del
dialogo che servirebbe a entrambi i Paesi per migliorare le condizioni di vita della
popolazione, e per proiettarli verso un futuro europeo. È possibile per Serbia e Kosovo
pensare a un futuro europeo?
R. - Ciò di cui parla Ban Ki-moon è un dialogo
sulle condizioni di vita, quindi sui problemi come l’anagrafe, i trasposti, i commerci,
i documenti... Questo è un tipo di dialogo di “tono minore” rispetto al dialogo principale
che è quello sullo status, sulla situazione politica di questi territori. Questo dialogo
“minore”, in realtà, viene anche condotto con contatti bilaterali, ma il dialogo di
cui si parla in genere è quello principale sullo status politico.