Siria: 91 morti. L’Ue inasprisce le sanzioni. L’Iraq apre le frontiere ai rifugiati
L’Unione Europea ha deciso di inasprire le sanzioni economiche nei confronti della
Siria. La Lega Araba insiste per la destituzione di Assad, mentre il Libano accusa
Damasco di violazioni territoriali. Sul terreno oggi si registra l’ennesimo massacro:
91 i morti secondo gli attivisti che accusano il regime di torture. Secondo fonti
di Damasco citate dall’agenzia Fides gruppi islamisti radicali, che operano nelle
fila dei ribelli, seminano terrore fra i civili, soprattutto cristiani e profughi
iracheni. La sedicente Brigata dell’Islam, che ha rivendicato l’attentato contro i
gerarchi del regime, avrebbe ucciso un’intera famiglia cristiana. Nel frattempo l’Iraq
ha aperto le frontiere per consentire l’ingresso dei rifugiati siriani. Marina
Calculli:
Le armi chimiche
non saranno mai usate contro il popolo siriano ma solo in caso di un attacco esterno”.
Così il regime di Assad precisa i suoi intenti di fronte ai timori sollevati negli
ultimi giorni sul possibile impiego del suo arsenale di armi non convenzionali. Inaccettabile
la minaccia di Assad per le cancellerie occidentali; preoccupato il segretario generale
dell’Onu, Ban Ki Moon. Da Mosca invece Putin avverte che “se il presidente siriano
sarà destituito incostituzionalmente il rischio è quello di una guerra civile senza
fine. Ma Bashar non flette l’orgoglio e deplora la Lega Araba che oggi a Doha si è
trovata concorde sulla necessità di una transizione a Damasco, invitando peraltro
l’esercito siriano libero a formare un governo assieme alle altre forze di opposizione.
L’emiro del Qatar ha –anzi – esortato Assad a fare “una scelta coraggiosa” e lasciare
il paese. Il presidente siriano risponde che “la violenza in Siria non avrebbe questa
intensità se il Qatar assieme all’Arabia Saudita non continuasse a mandare armi ai
ribelli”. Intanto a Damasco pare che l’esercito fedele al regime abbia ripreso il
controllo quasi totale della città.
La minaccia di Assad di ricorrere alle
armi chimiche, in caso di intervento esterno, è credibile? Al microfono di Benedetta
Capelli risponde Maurizio Simoncelli, vicepresidente di Archivio Disarmo:
R. – La vedo
più come una minaccia politica che come una minaccia reale. Certamente, noi sappiamo
che queste armi chimiche sono quelle chiamate “armi nucleari dei poveri”, perché sono
armi facilmente realizzabili con costi decisamente contenuti. I siriani sono stati
a loro tempo aiutati dalla Russia, ma sappiamo anche che una qualunque industria chimica,
modificando leggermente le composizioni dei proprie prodotti, può trasformare un prodotto
che noi usiamo normalmente in casa in uno decisamente più letale. Si dice che la Siria
possieda alcune centinaia di litri di Iprite, Sarin, che sono dei gas nervini, considerati
anche armi di distruzione di massa. Sono armi che mettono molta paura.
D.
– Il ricorso a una minaccia simile, qual è quella che appunto è stata portata avanti
dal governo di Assad, che effetto può sortire invece sugli storici alleati della Siria,
come Russia, Cina e Iran?
R. – Sono potenze militari che hanno firmato la Convenzione
internazionale sulle armi chimiche, ma che hanno dei grossi arsenali di armi chimiche.
Dal punto di vista politico, la Russia a tutt’oggi – anche insieme alla Cina – si
mostra uno dei più forti alleati e sostenitori del regime di Assad. Ci sono quindi
una serie di situazioni molto complesse, che si giocano anche all’interno del campo
islamico fra sunniti e sciiti per moderare l’influenza dell’Iran. E’ una situazione
delicata: così come ci viene presentata – buoni contro cattivi – non corrisponde sicuramente
alla realtà.
D. – Quello che è certo è che, comunque, la comunità internazionale
è in forte difficoltà nel capire quale sia la strada seguire: l’Onu è praticamente
bloccata nelle sue risoluzioni, mentre dall’altre parte l’Unione Europea ha varato
delle nuove sanzioni contro la Siria, ma sta anche prospettando un piano di intervento
di aiuto umanitario. Insomma, la strada è veramente tortuosa: quale può essere una
ipotesi di uscita?
R. – Un’ipotesi di uscita sarebbe stata già quella di non
sostenere anche la rivolta armata da parte degli oppositori, perché certamente anche
l’opposizione – che giustamente contestava il regime di Assad – è stata potentemente
armata. Sarei estremamente cauto sull’ipotizzare un intervento della Comunità internazionale
a favore dell’una o dell’altra parte. Forse sarebbe meglio, invece, un intervento
di tipo internazionale, ma che blocchi il conflitto e porti le due parti a trovare
una soluzione concordata.