2012-07-23 11:13:26

Donne copte vittime di una strategia


Vittime di una «pianificazione organizzata e sistematica»: sarebbero in aumento — secondo quanto denunciato recentemente presso la Commissione su sicurezza e cooperazione in Europa del Congresso degli Stati Uniti, conosciuta anche come Commissione Helsinki — i casi di donne cristiane in Egitto costrette a sposarsi e a convertirsi all’islam, dopo essere state rapite e aver subito violenze psicologiche e fisiche. La Commissione ha tenuto un’audizione, raccogliendo una serie di testimonianze sul fenomeno che, secondo quanto emerso in un rapporto illustrato per l’occasione, si sarebbe particolarmente aggravato dalla caduta del presidente Hosni Mubarak, deposto l’11 febbraio dopo una serie di proteste iniziate il 25 gennaio 2012.
Nel rapporto, dal titolo «Tell My Mother I miss Her» — commissionato dalla Christian Solidarity International, un’organizzazione per la promozione dei diritti e la dignità dell’uomo e per la libertà religiosa, con base principale in Svizzera — si sottolinea che «le giovani e le donne copte sono ingannevolmente attirate o rapite per diventare spose di uomini musulmani e costrette così a rinunciare alla propria fede e a convertirsi alla religione musulmana». Questi rapimenti di donne non fanno notizia e le vittime permangono per anni, nel totale disinteresse, in situazioni di pesanti umiliazioni e violenze. In base alle fonti del rapporto, inoltre, gli autori dei rapimenti perseguono «una pianificazione organizzata e sistematica», scegliendo le vittime tra le «comunità meno sviluppate» dove più forte è il disagio sociale. Per le giovani e le donne convertite all’islam, una volta eventualmente liberatesi, tornare alla propria religione diventa impossibile. L’ufficio egiziano per lo stato civile, che emette le carte di identità, nega loro infatti il rilascio di un nuovo documento con l’indicazione di fede cristiana, perché non più modificabile in quanto l’islam vieta la conversione di qualunque musulmano ad altre religioni. Sebbene, in base sempre al rapporto, non sia ancora quantificabile ufficialmente il numero dei rapimenti e conversioni forzate, il fenomeno appare in aumento da alcuni mesi, con una stima di circa un migliaio di giovani e donne che, negli ultimi anni, avrebbero chiesto di riacquisire la propria identità cristiana.
Per il presidente della Commissione Helsinki, Chris Smith, «la fase di transizione in Egitto resta aperta e l’ordine appare appeso a un filo». In questo difficile contesto, Katrina Lantos Sweett, che dirige la Commissione sulla libertà religiosa internazionale del Governo degli Stati Uniti, ha posto all’attenzione le preoccupazioni inerenti lo stato delle minoranze. «Nonostante alcuni promettenti sviluppi — ha osservato la rappresentante del Governo statunitense — i copti e le altre minoranze continuano a non essere sufficientemente protetti». A tale riguardo la responsabile della Commissione ha raccomandato che gli Stati Uniti «compiano una forte azione a sostegno della libertà religiosa», lavorando per sollecitare le autorità egiziane a «includere» robuste protezioni nella Costituzione per consentire alle minoranze di vivere appieno la propria fede e per favorire la giustizia contro gli autori dei crimini. Già nel 1976, il patriarca della Chiesa copta ortodossa, Shenouda III denunciò la pratica dei rapimenti delle donne. Shenouda, morto il 17 marzo scorso, venne eletto centodiciassettesimo patriarca della Chiesa copta ortodossa nel novembre 1971, in rappresentanza dei cristiani egiziani che costituiscono il 10 per cento di una popolazione di 80 milioni di persone. (L’Osservatore Romano)








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