Diocesi di Milano: molta fretta della Giunta sulle unioni civili, poca sul sostegno
alla famiglia
E’ approdata oggi nell’aula del Consiglio Comunale di Milano la delibera che istituisce
il registro delle unioni civili, con l'obiettivo di arrivare a un via libera prima
della pausa estiva. Un provvedimento, contenuto nel programma elettorale del sindaco
Giuliano Pisapia, che divide la politica e che ha suscitato la reazione della Curia
milanese, che ha chiesto nel merito un serio dibattito parlamentare. “Il fine di una
simile proposta è quello di equiparare – almeno a livello di servizi erogati dal Comune
- le unioni civili, indifferentemente se tra persone di sesso diverso o del medesimo
sesso, alle famiglie fondate sul matrimonio” spiega Alfonso Colzani responsabile
del servizio per la famiglia della Diocesi ambrosiana. Gabriella Ceraso lo
ha intervistato:
R. – Ci sembra
che una delibera presa così, senza un grande dibattito e un po’ alla chetichella,
che ha però un grande valore simbolico in quanto incide in misura piuttosto seria
sull’immaginario della gente perchè si prefigura come legittimo, come totalmente accettabile
e buono, un legame che non sia sancito da un vincolo di responsabilità preciso, e
invece è un atto serio, che merita di essere sottolineato e rispetto al quale merita
sorga un dibattito.
D. – A chi dice che questa sia testimonianza del fatto
che la Chiesa non vuole riconoscere alcun diritto alle coppie di fatto, come si risponde?
R.
– Non è vero. Quello del riconoscimento dei diritti sostanziali e giuridici non è
compito di un Comune, ma deve essere compito di una legge dello Stato. La Chiesa ha
delle perplessità sul modello antropologico che verrebbe così a prefigurarsi, questo
sì. E' un modello basato su una sostanziale provvisorietà dei legami, su una responsabilità
presa solamente in parte. Questo non fa il bene della coppia, che non arriva mai a
maturare una sua profondità di relazione, ed espone a tanti i rischi i piccoli.
D.
- Quindi non una battaglia alle unioni di per sé?
R. – Non è all’unione di
per sé, ma a un intervento – che noi abbiamo chiamato simbolico o di immagine – che
di fatto non cambierebbe le condizioni giuridiche di queste persone. Questo lo abbiamo
già visto in altre città: ad esempio a Bologna, che dal ’98 ha istituito questo registro,
che è andato praticamente deserto. Quello che a noi interessa è far sorgere un dibattito
culturale, che riapra la questione della verità dei legami, del loro significato per
la vita delle persone, che non può essere lasciato così al caso.
D. – Quindi
voi in primo luogo – come lei stesso ha detto – sottolineate l’importanza di affrontare
questi temi in Parlamento, ma contemporaneamente anche l’importanza di dare sostegno
alla famiglia e al suo ruolo all’interno della società…
R. – Sì. Questo è un
tratto certamente polemico, in quanto abbiamo visto con quale fretta la Giunta voglia
arrivare ad una delibera. Una fretta che non riscontriamo verso altre attenzioni,
che sarebbero prioritarie nel sostegno alla famiglia.