2012-07-22 13:53:41

Denver: in arrivo Obama, mentre si discute sul diritto a possedere armi


Il presidente degli Stati Uniti Obama si recherà in giornata a Denver per incontrare le famiglie delle 12 vittime della strage compiuta venerdì da un folle durante la prima del film Batman. Intanto si è quasi completata la bonifica della casa del killer, il 24enne James Holmes, cosparsa di numerose trappole esplosive. Secondo fonti della polizia, non vi sono altri sospettati e il pluriomicida, che lunedì sarà davanti al giudice, avrebbe acquistato sul web le munizioni. Si riapre così negli Usa il nodo relativo al diritto costituzionale dei cittadini di detenere armi di vario genere. Su questo aspetto Cecilia Seppia ha intervistato il prof. Fernando Fasce, docente di Storia americana presso l’Università di Genova:RealAudioMP3

R. – Sicuramente è un problema molto, molto serio. Sappiamo che c’è in realtà il famoso secondo emendamento costituzionale, al quale si appoggiano i sostenitori della vendita libera e indiscriminata di armi; ma sappiamo anche che c’è una profonda distorsione di questo processo: ci sono cioè pressioni che vengono dai produttori di armi, che vengono dall’organizzazione nazionale “Generational Right for Associations” e che vengono da parti consistenti dell’opinione pubblica e del mondo politico.

D. – C’è anche un problema d’interpretazione della Costituzione. La strage di Denver, però, come è accaduto dopo quella di Tucson, sta di fatto riaprendo il dibattito sulle armi negli Stati Uniti e dal sindaco di New York, Bloomberg, è arrivato il richiamo ad Obama come a Romney a fare chiarezza, a chiarire che cosa vogliono fare in merito alla violenza…

R. – In realtà sono tutte leggi statali e ha fatto bene Bloomberg a richiamarlo, ma dovrebbe richiamare soprattutto quelle componenti e frange del suo partito – il Partito Repubblicano – che sono grandi sostenitori dell’uso indiscriminato delle armi e che si appella al principio della libertà individuale, dello spirito della frontiera…

D. – E’ pure vero che in America c’è anche una cultura abbastanza radicata dell’autodifesa, del volersi difendere da sé a tutti i costi…

R. – Questo è in parte vero, ma in parte - è anche dimostrato da ricerche - c’è stata una trasformazione nel corso del tempo: il consumo di armi cambia, si è accentuato in alcune fasi e legato a fasi di particolare ansia, di preoccupazione, di crisi economica, di difficoltà, di tensione, di disagio individuale e collettivo. Questo non va dimenticato! C’è una storia, una costruzione nel tempo di questo uso delle armi: non è che sia una questione – come dire – fisiologica e legata al Dna statunitense.

D. – In corso a New York c’è la Conferenza Onu sulle armi e sul traffico di armi: l’auspicio è che arrivi anche dalle Nazioni Unite un monito all’America ad affrontare questo problema…

R. – Assolutamente sì. Questo sarà importante, ma – ripeto – sarà soprattutto importante che all’interno dell’opinione pubblica statunitense si faccia sentire e riescano a farsi sentire le voci che non mancano e che da tempo spingono per una ridefinizione del rapporto tra armi, mercato, cittadini e residenti degli Stati Uniti.

D. – Il Killer ha colpito in un cinema pieno di ragazzi, c’è chi ha chiesto più sicurezza, più controlli nei luoghi pubblici ma così si rischia che la politica del contrasto al terrore invada pesantemente la sfera pubblica?

R. – Assolutamente. Io credo che gli Stati Uniti dovranno, con la forza che hanno di anticorpi nel dibattito democratico, combattere tutto questo attraverso la “trasfusione” di questi anticorpi proprio nelle giovani generazioni; e ancora attraverso la discussione sulla necessità di limitare – lo ribadisco – l’uso delle armi e soprattutto di costruire percorsi di istruzione e formazione tra i giovani che evitino processi di questo tipo.







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